Cos’è la depressione? Tristezza, sconforto, pessimismo e sensazione di non avere speranza circa il miglioramento della propria situazione, sono sensazioni note alla maggior parte delle persone. Sentirsi depressi è brutto, ma questa sensazione generalmente ha una durata breve, e tende a scomparire dopo qualche giorno o dopo aver raggiunto raggiunto il livello soglia. Una forma di depressione lieve e di breve durata, può considerarsi normale e funzionale. Questi momenti di rallentamento, ci consentono di risparmiare energie che altrimenti sprecheremmo nel raggiungere obiettivi irraggiungibili. Quando però questi sintomi sono intensi e persistono per un tempo prolungato, tanto da compromettere le relazioni interpersonali e le prestazioni lavorative, è possibile ipotizzare la presenza di un disturbo dell’umore.
INDICE
- I disturbi depressivi
- Disturbo Depressivo Maggiore (DDM)
- Disturbo Depressivo Persistente (Distimia)
- Disturbo Disforico Premestruale
- Disturbo da Disregolazione dell’Umore Dirompente
- Disturbi depressivi indotti da sostanze/farmaci o dovuti a condizioni mediche generali
- Disturbo Depressivo con altra specificazione
- Disturbo Depressivo senza altra specificazione
I disturbi depressivi
I disturbi depressivi sono caratterizzati dalla presenza di una sindrome depressiva, comune a tutti i quadri clinici inclusi, distinguibili in base alle caratteristiche qualitative e quantitative della sintomatologia e modalità di decorso differenziate.
La sindrome depressiva è contraddistinta in generale da una specifica serie di sintomi di tipo psichico, comportamentale e somatico.
I sintomi psichici riguardano sia la sfera affettiva sia quella cognitiva.
Sintomatologia
I sintomi affettivi nucleari sono la depressione del tono dell’umore, consistente in un sentimento di abbattimento e tristezza passiva costante nel corso di tutta la giornata, a volte assume le forme di un vero e proprio stato di dolore psichico e di anedonia, ovvero di riduzione o perdita della capacità di godere delle cose e di provare piacere nei vari aspetti della vita quotidiana.
La depressione si caratterizza anche per la presenza di un umore disforico irritabile (malumore) che rende le persone depresse pronte a reagire negativamente ed in modo eccessivo a stimoli minimi con manifestazioni di irritazione, di rabbia o di ostilità.
Per quanto non considerato sintomo fondamentale per la diagnosi, l’ansia si riscontra frequentemente nei quadri depressivi.
Per quanto concerne la sfera cognitiva in genere si distingue tra le alterazioni della cognitività fredda e quelle della cognitività calda.
La cognitività fredda include il rallentamento del corso del pensiero e della processazione delle informazioni che si traduce nella lentezza delle risposte e in generale nel fare compiti di natura cognitiva.
Per la persona con depressione concentrarsi è un compito difficile che prevede uno sforzo enorme. Le difficoltà mnemoniche consistono nella incapacità sia di memorizzare dati nuovi sia di rievocare fatti e circostanze già acquisiti.
Possono inoltre manifestarsi difficoltà nelle funzioni esecutive, ovvero nei processi che riguardano la programmazione e la pianificazione dei comportamenti finalizzati e nella soluzione dei problemi.
Per quanto riguarda la modificazione della cognitività calda, la depressione comporta veri e propri disordini cognitivi, cioè degli schemi di valutazione della realtà, di sé stessi e del futuro che assumono connotati del tutto particolari e si ha una visione pessimistica della realtà.
La persona depressa è attanagliata da un senso di insicurezza e indecisione, in gran parte dovuto alla tendenza all’autosvalutazione che è la più tipica espressione del suo deficit di autostima e di fiducia in sé stessa e nelle sue capacità.
La visione del futuro è spesso colorata di nero: il domani non esiste o se esiste è immaginato pieno di difficoltà, sconfitte, perdite. È in tale situazione che possono verificarsi idee di morte e piani autosoppressivi.
Per quanto concerne i sintomi fisici della depressione, abbiamo la riduzione delle energie che è uno degli aspetti più comuni. La persona depressa perde la sua validità, appare come spenta, fa fatica a compiere azioni e riesce a portare avanti le proprie attività con un grande sforzo.
Soggettivamente vengono percepiti una facile affaticabilità e un senso di stanchezza, per lo più indipendente dalle attività svolte e spesso presente già dalla mattina.
Nel corso della depressione può verificarsi una perdita di peso collegata alla perdita di appetito. Si manifestano nausea e conati di vomito, senso di peso addominale e una digestione lenta e difficoltosa. La stitichezza è fenomeno frequente e spesso precoce, talvolta ostinato, tanto da costringere ad assumere lassativi. Meno comunemente si verificano diarrea o l’alternanza tra diarrea e stitichezza. Meno frequenti sono i casi di depressione in cui l’appetito aumenta (iperfagia).
Chi soffre di depressione spesso è colpito da dolori di vario genere e intensità. Una delle manifestazioni più comuni è la cefalea in genere sotto orma di dolore costrittivo, come cerchio o peso diffuso a tutto il capo, dolori addominali, al torace, alla colonna vertebrale, al volto, agli arti e ai genitali.
L’insonnia è uno dei sintomi più presenti della depressione. L’eventualità più comune è il risveglio precoce al mattino generalmente tra le 3 e le 5.
A volte si verifica un ritardo di addormentamento o un sonno interrotto da frequenti risvegli durante la notte.
In corso di depressione sono comuni le modificazioni della sfera sessuale, in particolare il calo o la perdita della libido. La depressione nell’uomo può causare un deficit erettile e nella donna ritardo o totale assenza di orgasmo oppure dolore o fastidio durante i rapporti sessuali.
Sintomatologia comportamentale
I sintomi comportamentali sono rappresentati da una serie di modificazioni del comportamento psicomotorio. L’espressione mimica del depresso è per lo più triste, il tono della voce è basso, modulato e monotono. La persona appare lenta sia nel pensiero che nei movimenti, mostra di avere una scarsa cura di sé ed è trascurata nell’abbigliamento, sino al punto di omettere l’igiene personale. In certi casi il lavoro diventa impossibile da sostenere.
La persona con depressione appare bloccata sul piano psicomotorio con una sorta di paralisi del pensiero. In alcune forme di depressione è possibile osservare un’irrequietezza motoria, un bisogno continuo di muoversi manifestato in modi diversi, associato ad una mimica e un eloquio marcati, espressivi di uno stato di sofferenza che in alcuni casi è un vero e proprio stato di agitazione psicomotoria.
Disturbo Depressivo Maggiore (DDM)
Il criterio diagnostico per il disturbo depressivo maggiore prevede la presenza di un episodio depressivo maggiore non alternato ad episodi maniacali, ipomaniacali o misti.
Un episodio di disturbo depressivo maggiore, non comporta semplicemente una sensazione di tristezza ma sintomi più gravi.
I dati raccolti dal personale clinico e attraverso l’uso di questionari auto-compilativi, rilevano una forte sovrapposizione tra misure di ansia e depressione.
A livello diagnostico c’è una forte comorbilità tra queste due condizioni cliniche, e la relazione tra ansia e depressione ha ricevuto grandi attenzioni dalla ricerca negli ultimi anni e tuttora è un campo di studio molto complesso.
Quando si fa una diagnosi di disturbo depressivo maggiore, spesso viene specificato che si tratta di un primo episodio depressivo singolo (iniziale), o di un episodio ricorrente (preceduto da uno o più episodi neimesi precedenti).
Se non trattati, gli episodi depressivi durano in genere dai 6 ai 9 mesi.
Diversi studi hanno rilevato una relazione in chi ha avuto problemi familiari o ha sofferto di una personalità ansiosa durante l’infanzia e la depressione maggiore cronica.
Nonostante molti episodi depressivi si attenuino o scompaiano con il tempo, nel caso della depressione maggiore ci si deve aspettare la ricomparsa di nuovi episodi nei mesi successivi.
Il ritorno dei sintomi depressivi può essere di due tipologie: si parla di ricaduta o di ricorrenza.
Ricaduta: un ritorno dei sintomi dell’episodio depressivo in un periodo immediatamente successivo alla remissione; questo ritorno potrebbe essere indicativo del fatto che l’episodio depressivo non fosse completamente scomparso. Per esempio, si verifica se la terapia farmacologica viene interrotta troppo presto, nel momento in cui la sintomatologia evidente è scomparsa, ma l’episodio depressivo alla base è ancora in corso.
Ricorrenza
Il comparire di nuovo un episodio depressivo avviene nel 40-50% dei pazienti a cui è stato diagnosticato un episodio depressivo nei mesi precedenti.
La probabilità di una ricorrenza, aumenta con l’aumentare del numero di episodi depressivi precedenti alla presenza di comorbilità con altri disturbi. Spesso le persone che soffrono di depressione, hanno una sintomatologia evidente anche nei periodi tra un episodio e l’altro.
Caratteristiche epidemiologiche e cliniche
La Depressione Maggiore (DM) è l’espressione più classica e tipica della depressione e si manifesta comunemente in forma episodica, cioè con periodi di malattia di durata variabile durante i quali la sindrome depressiva si esprime nella sua forma piena con sintomi abbastanza marcati.
La depressione maggiore è un disturbo dell’umore frequente presente ovunque nel mondo, sebbene in misura diversa a seconda del contesto socioculturale ed economico.
Colpisce più frequentemente il genere femminile ed esordisce generalmente tra i 20 e i 40 anni di età, sebbene siano possibili forme precoce di esordio in epoca adolescenziale oppure forme tardive.
La prevalenza della depressione maggiore in età giovanile è tre volte superiore rispetto a persone ultrasessantenni. Gli episodi vanno da poche settimane a molti mesi, la media è stimata intorno ai 6-9 mesi, sebbene circa il 40% dei casi l’esordio depressivo si protragga per più di un anno e nel 15-20% dei casi per più di 2 anni.
Gli episodi di depressione maggiore, frequentemente preceduti nei mesi antecedenti l’ esordio da un evento stressante come un lutto, raramente si mostrano in modo acuto, in quanto la modalità di manifestazione di gran lunga più comune è quella insidiosa, espressa da una fase prodromica nella quale compaiono in forma isolata e in genere attenuata, alcuni sintomi quali insonnia, tristezza ecc. Tale fase può durare da alcuni giorni, a qualche settimana a diversi mesi. Nella fase di risoluzione nel giro di alcune settimane si assiste per lo più a un’attenuazione lenta e progressiva della sintomatologia sino a una completa restitutio ad integrum, sebbene una percentuale non marginale di casi stimata tra il 20% e il 40%, possa verificarsi la presenza di sintomi residui.
Sintomatologia residua
I sintomi residui più comuni sono: l’insonnia, il deficit della libido associato o meno a disfunzioni sessuali, l’astenia, l’irritabilità, la labilità emotiva, l’ipoedonia, la tendenza al pessimismo, la scarsa autostima, la difficoltà di concentrazione e di memoria. La persistenza dei sintomi residui causa il perdurare di apprezzabili livelli di menomazione del funzionamento interpersonale, sociale e lavorativo.
Decorso
Un individuo può manifestare un solo episodio depressivo maggiore nel corso della sua vita, evenienza che riguarda all’incirca il 20-25% dei casi; la diagnosi sarà depressione maggiore episodio singolo. Nel restante 75-80% dei casi gli episodi depressivi si ripetono almeno 2 volte nella vita e in circa il 50% dei casi, 3 o più volte.
Se si sono verificati almeno due episodi nel corso della vita separati da un periodo di almeno 2 mesi di benessere, la diagnosi sarà depressione maggiore ricorrente.
La durata dell’intervallo di tempo che separa un episodio dall’altro, comunemente definito intervallo libero, è diversa da caso a caso, poiché il decorso della depressione maggiore non sembra seguire modalità prevedibili, essendo possibili intervalli liberi che vanno da pochi mesi a diversi anni.
Infine, nel 20-25% circa dei casi, è possibile una vera e proprio cronicizzazione dei disturbi.
Il 10-15% delle persone affette da depressione maggiore decede per suicidio, con frequenza doppia nei maschi, mentre nelle donne è maggiore la frequenza di tentativi di suicidio.
Specificatori clinici
In base alla gravità la depressione può essere definita lieve, moderata o severa, sulla base del numero di sintomi e dell’intensità della sofferenza soggettiva legata alla sintomatologia e del livello di impatto sul funzionamento personale.
Tenendo conto dell’evoluzione dell’episodio, se si è avuto un miglioramento significativo senza completa scomparsa dei sintomi si definisce la depressione maggiore in remissione parziale. Si parla di remissione completa in presenza di una completa regressione dei sintomi.
La specifica ad esordio peripartum si usa per episodi che esordiscono durante la gravidanza o entro un mese dopo la nascita di un figlio; queste forme di depressione maggiore non presentano peculiari caratteristiche sintomatologiche rispetto al quadro tipico.
La depressione che insorge dopo la nascita del bambino colpisce sino al 10% delle madri. Secondo alcuni studi può manifestarsi anche oltre il primo mese dalla nascita ed è in realtà preceduta il circa il 50% dei casi una depressione gravidica.
Diagnosi differenziale
La depressione maggiore va innanzitutto distinta dalla depressione bipolare.
Rispetto alla depressione persistente, gli elementi distintivi di maggiore importanza sono la maggiore gravità sindromica e la presenza del tipico decorso cronico sin dall’esordio.
Alcuni disturbi psicotici possono essere caratterizzati nel loro decorso dalla presenza di episodi depressivi come accade anche nella schizofrenia. Nel decorso del disturbo schizoaffettivo, ricorrono sia periodi in cui sono contestualmente presenti sintomi schizofrenici e depressivi, sia periodi nei quali i sintomi di tipo schizofrenico sono presenti da soli senza una concomitante sintomatologia depressiva.
La depressione dovuta a una condizione medica generale e la depressione dovuta all’uso di sostanze possono dare luogo a quadri clinici sovrapponibili a quelli di una depressione maggiore; in questi casi depongono a favore della diagnosi di depressione maggiore, la familiarità positiva per disturbi depressivi, l’assenza di patologie somatiche o sostanze che siano in correlazione nota con i disturbi depressivi precedenti indipendenti da malattie somatiche o da un uso di sostanze.
I disturbi dell’adattamento con umore depresso, sono generalmente distinguibili dagli episodi depressivi maggiori per la minore gravità clinica, per il rapporto diretto fra un evento o una situazione stressante e l’insorgenzadell’episodio e per la regressione generalmente rapida della sintomatologia che raramente supera i 6 mesi, con il cessare dell’evento o della situazione stressante.
Il lutto costituisce la reazione alla perdita di una persona cara che si manifesta con un quadro simil-depressivo di intensità generalmente meno marcata rispetto alla depressione maggiore e con un esaurimento abbastanza rapido della sintomatologia nell’arco di 2 o 3 mesi.
Nonostante l’insieme dei disturbi unipolari depressivi, generalmente insorge dall’adolescenza alla maturità, la sintomatologia depressiva può iniziare anche nell’infanzia o alla vecchiaia.
In passato si riteneva che la depressione non fosse una patologia infantile; Studi recenti hanno rilevato però, come una percentuale che varia dall’1 al 3% dei bambini in età scolastica abbiano manifestato sintomi appartenenti ai criteri diagnostici per alcune forme di disturbi unipolari, in particolare la distimia. Inoltre, come negli adulti, anche nei bambini sono presenti percentuali elevate di ricorrenze.
I tassi di incidenza, aumentano bruscamente in adolescenza, ed il 20 e il 30% degli adolescenti, ha avuto un disturbo depressivo maggiore, mentre condizioni subcliniche della malattia colpiscono il 10-20% dei ragazzi.
Gli effetti a lungo termine della comparsa di un disturbo depressivo adolescenziale, possono protrarsi fino alla prima età adulta, con l’emergere di difficoltà psico-sociali e la compromissione lieve, ma rilevante, in diversi ambiti della vita quotidiana, come le relazioni interpersonali, il lavoro e la qualità della vita stessa.
Inoltre è possibile che chi abbia avuto ricorrenti episodi depressivi in adolescenza ne sviluppi anche nell’età adulta. La prevalenza della depressione negli adulti over 65, è significativamente più bassa rispetto a quella dei giovani adulti.
Inoltre, è difficile diagnosticare la depressione in un paziente anziano, a causa del fatto che molti sintomi depressivi possono essere scambiati con la demenza.
Gli specificatori degli episodi depressivi maggiori
Gli specificatori, sono specifici insiemi di sintomi e caratteristiche.
Un primo specificatore, è quello che definisce l’episodio depressivo maggiore con manifestazioni melanconiche.
Questa definizione viene applicata a quei casi in cui, in aggiunta ai sintomi caratteristici della depressione maggiore, il paziente manifesta anche una perdita di piacere in tutte le attività che abitualmente considerava invece piacevoli o desiderabili.
Sembra anche esserci una maggiore predisposizione ereditaria per questa forma di depressione, rispetto alle altre, e sembra fortemente associata ad una storia di traumi infantili.
I sintomi psicotici, sono caratterizzati dalla perdita del contatto con la realtà e dalla presenza di deliri e allucinazioni,e possono essere presenti in alcune forme di depressione maggiore. In questo caso si parla di episodio depressivo grave con manifestazioni psicotiche.
Spesso, i deliri e le allucinazioni sono congruenti con l’umore depresso, per cui il contenuto è coerente con le tipiche tematiche depressive di incapacità personale, senso di colpa, morte, malattie o meritare una punizione per una mancanza.
Le persone affette da depressione grave hanno il pensiero delirante che loro organi interni siano colpiti da gravi malattie.
Chi ha una depressione con manifestazioni psicotiche, ha maggiore probabilità di avere cicli depressivi più lunghi, una maggiore compromissione delle capacità cognitive ed una prognosi clinica più grave, di chi soffre di depressione maggiore senza manifestazioni psicotiche. In questi casi, è previsto il trattamento con l’assunzione combinata di farmaci antidepressivi antipsicotici.
Disturbo Depressivo Persistente (Distimia)
Caratteristiche epidemiologiche e cliniche
Il disturbo depressivo persistente (DDP) include le forme di depressione nevrotica ma anche forme di depressione maggiore cronica.
Il quadro clinico è caratterizzato da sintomi meno numerosi, di intensità meno marcata con un livello di compromissione sociale e lavorativa meno rilevante rispetto alla depressione maggiore ma con un andamento cronico sin dal primo esordio. La sua prevalenza nella vita è pari al 2-15%, in Italia è al 2-4%.
È più frequente nel genere femminile. Il disturbo depressivo persistente si configura come forma di depressione attenuata ad andamento protratto nel tempo in cui predominano generalmente umore triste associato a un atteggiamento pessimistico e passivo verso la vita, la tendenza al dubbio e alla rimuginazione su problemi di natura esistenziale o su preoccupazioni di tipo ipocondriaco, ma scarsa autostima e una maggiore sensibilità al giudizio altrui.
Se sono invece assenti sintomi quali il rallentamento psicomotorio, i deliri e le allucinazioni; il rischio di suicidio è limitato.
Decorso
Il disturbo depressivo persistente esordisce in modo lento e progressivo in età giovanile. Se ne riconoscono due varianti: una a esordio più precoce prima dei 21 anni, l’altra più tardiva con le prime manifestazioni dopo i 21 anni.
In circa il 50% dei casi il disturbo ha inizio generalmente in modo insidioso prima dei 25 anni di età.
Sebbene la diagnosi nell’adulto preveda una durata continuativa dei sintomi di almeno 2 anni può protrarsi anche per molti anni consecutivi, soprattutto quando non viene riconosciuta e curata.
Secondo le stime nel 20% dei casi il quadro clinico del disturbo depressivo persistente può evolvere in depressione maggiore, circa il 15% evolve in un disturbo bipolare di tipo II e il 5%in un disturbo bipolare di tipo I.
Il disturbo depressivo persistente si correla a un maggior rischio di abuso di alcol e soprattutto negli anziani a una frequente comorbidità somatica, specie con patologie croniche invalidanti.
La presenza di un quadro clinico in cui alle iniziali manifestazioni del disturbo depressivo persistente si sovrappongono uno o più episodi di depressione maggiore, un tempo definita depressione doppia, si caratterizza per una prognosi peggiore in termini di compromissione funzionale, comorbidità medica, costi sanitari e sociali e rischio di suicidio.
Specificatori clinici
Per il disturbo depressivo persistente si utilizzano i specificatori clinici già descritti per la depressione maggiore. In più è possibile prevedere specificatori relativi alle modalità di esordio, ovvero disturbo depressivo persistente con esordio precoce e tardivo e specificatori relativi alle caratteristiche del quadro clinico negli ultimi 2 anni: disturbo depressivo persistente con sindrome distimica pura, disturbo depressivo persistente con episodio depressivo maggiore persistente, disturbo depressivo persistente con episodi depressivi maggiori ricorrenti, senza episodio in atto, disturbo depressivo persistente con episodi depressivi maggiori ricorrenti, con episodi in atto.
Diagnosi differenziale
Alcune forme di depressione dovuta a condizioni mediche generali o a uso di sostanze possono assumere una sintomatologia attenuata e un andamento protratto simili alla distimia: in tali casi l’accurata valutazione anamnestica e clinica e l’esecuzione dei necessari accertamenti paraclinici potranno consentire di orientare la diagnosi in un senso o nell’altro.
Disturbo Disforico Premestruale
Caratteristiche epidemiologiche e cliniche
Il disturbo disforico premestruale è un disturbo dell’umore delle donne che insorge dopo il menarca e ricorre con regolarità in coincidenza con la fase tardo-luteinica del ciclo mestruale. Il disturbo disforico premestruale rappresenta la variante più grave, maggiormente connotata da sofferenza psicopatologica, della cosiddetta “sindrome premestruale”.
Colpisce fra il 2% e il 10% delle donne, ma in forma attenuata l’incidenza si estende dal 30% all’80%.
Si tratta di episodi relativamente brevi e ricorrenti, caratterizzanti da una sintomatologia che quasi regolarmente compare a ogni ciclo, per lo più alcuni giorni prima dell’inizio delle mestruazioni, migliora con la comparsa del flusso e termina con la fine del flusso mestruale.
Le caratteristiche clinico diagnostiche sono la presenza di almeno cinque sintomi associati a disagio soggettivo o un’interferenza significativa con le attività di vita quotidiana: labilità affettiva marcata, marcata irritabilità o rabbia o aumento dei conflitti interpersonali, umore marcatamente depresso, sentimenti di disperazione e pensieri autosvalutativi, marcata ansia o tensione e uno o più dei sintomi di diminuzione nell’interesse nelle attività abituali.
Il disturbo non deve essere correlabile all’uso di sostanze, farmaci o di un’altra condizione medica, né essere semplicemente l’accentuazione premestruale di un disturbo dell’umore già in atto.
Decorso
Il disturbo disforico premestruale inizia dopo il menarca comparendo in genere in età giovane-adulta. Può essere costantemente presente per anni, non necessariamente in tutti i cicli mestruali dell’anno.
Diagnosi differenziale
Il disturbo disforico premestruale è in genere altamente caratteristico. Può comunque essere confuso con la depressione ricorrente breve, ma a differenza di quest’ultima con la quale condivide la brevità di durata e la ricorrenza periodica, gli episodi sono sempre e comunque collegati alla fase premestruale.
Disturbo da Disregolazione dell’Umore Dirompente
Caratteristiche epidemiologiche e cliniche
Il disturbo da disregolazione dell’umore dirompente tipicamente insorge nell’infanzia, prima dei 10 anni di età; la sua prevalenza annuale nella fascia di età fra i 7 e 18 anni è stimata tra il 2 e 5%.
Il disturbo da disregolazione dell’umore dirompente è sostanzialmente caratterizzato da due principali manifestazioni psicopatologiche: umore persistentemente irritabile e forti crisi di rabbia, che devono essere presenti per almeno un anno consecutivo.
I bambini che soffrono di disturbo da disregolazione dell’umore dirompente hanno delle vere e proprie crisi di collera, sproporzionate rispetto alla situazione ed all’età.
Ai fini della diagnosi deve essere escluso che i sintomi siano dovuti a una condizione medica generale o ad uso di sostanze o farmaci, oppure che siano meglio ascrivibili a un quadro di depressione maggiore, ad un disturbo bipolare o ad altre patologie psichiatriche.
Decorso
Il disturbo da disregolazione dell’umore dirompente ha un decorso naturale tendenzialmente persistente. Il disturbo comporta una marcata compromissione della vita scolastica, delle relazioni interpersonali e sociali e della vita famigliare.
Comportamenti pericolosi, tentativi di suicidio, ricorrenti manifestazioni di eteroaggresività e ricoveri sono complicazioni non rare.
Diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale del disturbo da disregolazione dell’umore dirompente richiede particolare competenza e può essere piuttosto difficile rispetto al disturbo bipolare dell’umore e al disturbo oppositivo-provocatorio. La principale differenza fra i due disturbi è la tipica natura episodica e ricorrente del diturbo bipolare, mentre il disturbo da disregolazione dell’umore dirompente non si presenterebbe mai con ben distinti episodi ipomaniacali o maniacali o depressivi, essendo caratterizzato tipicamente da cronica irritabilità, bassa tolleranza alle frustrazioni e ricorrenti crisi di rabbia.
Il disturbo da disregolazione dell’umore dirompente si connota per le più marcate e persistenti manifestazioni da disregolazione dell’umore. Il disturbo disturbo da disregolazione dell’umore dirompente si distingue dal disturbo esplosivo intermittente per il fatto che in quest’ultimo, pur essendo possibili crisi di rabbia/aggressività manca la tipica irritabilità cronica.
Disturbi depressivi indotti da sostanze/farmaci o dovuti a condizioni mediche generali
Questa categoria raggruppa sindromi caratterizzate da una sintomatologia depressiva che possono essere conseguenza dell’uso di sostanze o di patologie di interesse medico, le quali agiscono attraverso un’azione fisiologica diretta o indiretta sui meccanismi biologici implicati nella regolazione dell’umore. Dal punto di vista clinico le manifestazioni, dovute all’uso di sostanze o a condizioni mediche generali, sono di gravità molto variabile da caso a caso. In generale si tratta di sindromi attenuate, equiparabili a quadri distimici.
Anche la durata è molto variabile, giacché le manifestazioni cliniche tendono per lo più a persistere fino a quando permane la causa che ne è alla base, sebbene in alcuni casi si osservi la risoluzione progressiva delle manifestazioni nonostante la persistenza dei fattori causali.
Disturbo Depressivo con altra specificazione
Sotto tale denominazione il DSM-5 raggruppa i disturbi depressivi che non possono essere meglio inquadrati
Episodio depressivo di breve durata
Corrisponde alla depressione minore. Viene utilizzato per identificare forme di depressione caratterizzate da episodi depressivi per lo più ad andamento ricorrente, nei quali la sintomatologia, pur creando un significativo disagio soggettivo ed una menomazione del funzionamento sociale della persona, non assume caratteristiche di intensità tali da configurare un quadro di depressione maggiore.
Depressione breve ricorrente
Caratterizzata da episodi depressivi ricorrenti più volte all’anno. La durata si limita a pochi giorni e comunque meno delle due settimane assunte come criterio minimo per porre diagnosi di depressione maggiore.
Episodio depressivo con sintomatologia insufficiente
Caratterizzato da umore depresso e almeno uno degli altri otto sintomi che connotano un episodio depressivo maggiore, unitamente a disagio significativo o a menomazione del funzionamento persistente per almeno 2 settimane.
Disturbo Depressivo senza altra specificazione
Sono presenti i sintomi caratteristici del disturbo depressivo, tali da causare un disagio clinicamente significativo o una compromissione funzionale, senza che vengano soddisfatti i criteri diagnostici di uno qualsiasi dei disturbi depressivi precedentemente elencati.