mutismo selettivo

Il Mutismo Selettivo (MS) è un disturbo d’ansia che impedisce al bambino di esprimersi attraverso una normale verbalizzazione, la cui caratteristica principale è la costante incapacità di parlare in situazioni sociali nelle quali ci si aspetta che l’eloquio sia presente se pur questo sia normale e avvenga liberamente in altri contesti considerati familiari.

Infatti, il termine “selettivo” sta proprio ad indicare che il bambino riesce ad esprimersi solo con determinate persone delle quali si fida e in alcune circostanze nelle quali si sente sereno (solitamente l’ambiente familiare), ma mostra difficoltà in ambienti sociali in cui non si sente a proprio agio (in particolar modo nel contesto scolastico). La selezione degli interlocutori può essere più o meno ampia fino ad arrivare anche ad un solo genitore.

Il mutismo selettivo, quindi, si può considerare un effetto di tali problemi in cui il disagio si manifesta con la difficoltà del bambino di aprirsi alla vita sociale con fiducia.




Cenni storici

L’espressione “mutismo selettivo” è stata coniata nel 1934 da Moritz Tramer, psichiatra svizzero, per descrivere una sindrome caratterizzata da una condizione anormale di silenzio extrafamiliare, collegata alle prime esperienza di separazione, la cui gravità emergeva all’ingresso nella scuola materna o primaria e sottendeva un disturbo della personalità.

L’espressione subì un cambiamento negli anni ottanta con la nascita, negli Stati Uniti, di una fondazione specifica promossa da genitori: si passò quindi da “mutismo elettivo” a “mutismo selettivo” per sottolineare la mancanza di volontarietà e il fatto che si presenti in contesti specifici.

Il mutismo selettivo non fa parte dei disturbi della comunicazione: i bambini affetti da tale disturbo sanno parlare e comprendere il linguaggio.

La letteratura sull’argomento è vasta. La prima ricerca su vasta scala risale al 1980 e fu condotta dalla psicopatologa infantile statunitense Torey Hayden su 68 bambini scelti fra 338. I bambini dovevano:

  • aver parlato per almeno 6 mesi;
  • non aver parlato per almeno 8 settimane;
  • avere un QI superiore a 70;
  • non avere diagnosi di psicosi, incluso l’autismo.

Sulla base di tale studio, Hayden distinse ben quattro tipi di mutismo selettivo:

  • Mutismo simbiotico: caratterizzato dalla relazione con la madre, relazione sottomessa ma manipolativa con gli altri;
  • Mutismo da fobia del linguaggio: caratterizzato dalla paura di udire la propria voce e dalla presenza di comportamenti rituali;
  • Mutismo reattivo: caratterizzato da chiusura in se stessi e da depressione come conseguenza di un trauma, spesso avvertito soltanto dal bambino;
  • Mutismo passivo-aggressivo: caratterizzato dall’uso del silenzio come arma.

Epidemiologia

La prevalenza va dallo 0,11% al 2,2%. L’età di insorgenza si colloca tra i 2 e 5 anni anche se i sintomi vengono realmente individuati in età scolare cioè quando il mutismo selettivo comincia a interferire con l’apprendimento e l’integrazione sociale.

Si manifesta maggiormente nelle femmine in rapporto F:M=1,5-2,6:1.

I genitori riferiscono già in età prescolare sintomi di ansia da separazione che nel tempo sembrano strutturare un’ansia di natura sociale.

Con la crescita, il mutismo di solito migliora, presentando una durata media di 8 anni, anche se si possono riscontrare episodi anche in adolescenza e in età adulta.

Studi retrospettivi hanno evidenziato che gli adulti che hanno sofferto di mutismo selettivo durante l’età prepuberale presentano più spesso, durante la crescita, problemi di comunicazione, problemi scolastici o lavorativi e un’alta prevalenza di psicopatologie rispetto ai soggetti sani.

Caratteristiche

L’esordio intorno ai 6 anni, con l’ingresso del bambino a scuola, è rilevato dagli insegnanti a causa dello scarso o nullo apprendimento che spesso viene confuso per ipodotazione o conseguente ostracismo sociale.

I genitori di bambini al di sotto dei sei anni si rivolgono al medico per altre motivazioni: il fatto che il bambino abbia cominciato a parlare tardi non ha destato in loro particolare preoccupazione per cui il mutismo selettivo raramente viene precocemente diagnosticato anche se poi un’anamnesi accurata rileva nel bambino tra 0 e 3 anni indicatori di una sofferenza quali:

  • disturbi del sonno e difficoltà di addormentamento;
  • difficoltà nell’alimentazione;
  • paura degli estranei;
  • ansia da separazione;
  • timidezza eccessiva.

Senza un intervento mirato, questi bambini arrivano alla scuola dell’obbligo con il sintomo.

In genere sono presenti dei tratti comportamentali ed espressivi comuni: la testa e le spalle sono lievemente curvati in avanti, le braccia sono irrigidite e stese lungo il corpo, lo sguardo basso ed evasivo, a volte fisso nel vuoto e il volto inespressivo come se ignorassero gli altri.

Di fronte alle situazioni nuove, rispondono con un comportamento di evitamento sia fisico che verbale spesso accompagnato da comportamenti di aggressività e oppositività.

I bambini con mutismo selettivo non utilizzano il silenzio come “arma” per attirare l’attenzione degli altri, ma come “grido di aiuto” e, come loro stessi riportano, sono “le parole che non vogliono uscire”.



Criteri diagnostici

I criteri diagnostici sottolineano la durata e la pervasività dei sintomi e la necessità di discriminare il Mutismo Selettivo da altre forme di mutacismo di altra natura (bilinguismo, ospedalizzazioni, condizioni mediche generali specie cerebellari, gravi fattori socio ambientali, disturbi di linguaggio, balbuzie, aprassie, disturbi pervasivi dello sviluppo).

DSM IV-TR (2000): viene inquadrato in “Altri disturbi dell’infanzia, della Fanciullezza e dell’Adolescenza”. La svolta dal DSM-III (“persistente rifiuto di parlare”) al DSM-IV (“costante incapacità di parlare”) è stato fondamentale per sottolineare la non volontarietà del bambino.

DSM V: Mentre nel DSM-IV il mutismo selettivo era inserito tra “altri disturbi” nel DSM-5 entra nei Disturbi d’ ansia : tale modifica è supportata dalla recente letteratura che ne sottolinea la stretta correlazione con la fobia sociale e gli elevati punteggi ai test per l’ansia in numerosi studi.

ICD 10: lo inserisce tra i “disturbi dell’attaccamento” come patologia caratterizzata da comportamenti disfunzionali in specifiche aree del funzionamento sociale.

I criteri diagnostici del DSM-5

  • Costante incapacità di parlare in situazioni sociali specifiche in cui ci si aspetta che si parli (per es. a scuola), nonostante si sia in grado di parlare in altre situazioni.
  • La condizione interferisce con i risultati scolastici o lavorativi o con la comunicazione sociale.
  • La durata della condizione è di almeno 1 mese (non limitato al primo mese di scuola).
  • L’incapacità di parlare non è dovuta al fatto che non si conosce, o non si è a proprio agio con, il tipo di linguaggio richiesto dalla situazione sociale.
  • La condizione non è meglio spiegata da un disturbo della comunicazione (per es., disturbo della fluenza con esordio nell’infanzia) e non si manifesta esclusivamente durante il decorso di Disturbi dello spettro autistico, schizofrenia o altri disturbi psicotici.



Eziologia

L’ipotesi iniziale, sostenuta da teorie psicanalitiche, secondo la quale il mutismo selettivo fosse una conseguenza di un trauma o di un “conflitto inconscio irrisolto”, è stata da tempo abbandonata.

La causa non è ancora nota ma se ne riconosce una eziologia multifattoriale in cui rientrano numerosi fattori che, interagendo tra di loro, vanno a costituire per il bambino un rischio per lo sviluppo di un comportamento di mutismo selettivo. I fattori sono:

Genetica . Finora pochi studi si sono interessati ai meccanismi genetici sottostanti il mutismo selettivo. Oggi infatti c’è un solo studio del 2011 che ha analizzato il materiale genetico di 99 famiglie, ognuna con un bambino con mutismo selettivo. I dati hanno evidenziato che il Polimorfismo rs2710102 sembrerebbe associato a un più elevato rischio di Mutismo Selettivo e di sintomatologia ansiosa. Sono però necessari ulteriori studi per fare luce sui fattori ereditari responsabili di alcuni tratti comportamentali, temperamentali e psicologici tipici di tale disturbo.

Temperamento . Il temperamento sembra giocare un ruolo molto importante nella genesi della sintomatologia ansiosa: in particolare uno stile di temperamento definito “behavioral inhibition” sembra essere un fattore di rischio per lo sviluppo di patologie internalizzanti, fra cui il mutismo selettivo. I bambini con tale tipo di temperamento tendono a mostrare maggiore timidezza, evitamento e paura nelle situazioni non familiari e inconsuete. Muris e colleghi, nel 2015, hanno valutato la presenza di tale stile e la presenza di mutismo selettivo in bambini sani: tale temperamento è risultato un fattore di rischio per mutismo selettivo.

Ambiente (migranti) . Il mutismo selettivo si riscontra spesso nei bambini immigrati che parlano due lingue. In tale caso è fondamentale che il clinico differenzi il mutismo selettivo da un “periodo di silenzio” fisiologico, instauratosi nel bambino a causa delle difficoltà di inserimento in nuovo ambiente scolastico e socioculturale. È stato però suggerito che una diagnosi di mutismo selettivo nei casi di bilinguismo è possibile solo se il disturbo persiste per almeno sei mesi e il bambino mostra tale comportamento in entrambe le lingue.

Ambiente familiare: Per quanto riguarda lo stile parentale nelle relazioni familiari, molti studi hanno evidenziato che i genitori dei bambini con mutismo selettivo sono soliti essere molto presenti nella vita del bambino con stile educativo iper-protettivo e iper-ansioso. I genitori che adottano nell’educazione del figlio tali stili cercano di evitare al bambino ogni minima frustrazione per la sua incolumità fisica psicologica ma il messaggio che il figlio riceve è che il pericolo è dappertutto e che non ha gli strumenti, nel caso insorga un problema, di affrontarlo. Generalmente i bambini con mutismo selettivo sviluppano con i propri genitori uno stile di attaccamento insicuro di tipo dipendente. Lo stato emotivo ansiogeno del genitore sviluppa nel bambino una paura verso la realtà esterna non familiare, senso di incapacità e inefficacia: l’atteggiamento del genitore non permette una graduale separazione-individuazione mediante i normali processi esplorativi relazionali. Infine, il mutismo selettivo sembra presentare caratteristiche familiari: spesso infatti i genitori appaiono essi stessi taciturni, ansiosi e le stesse famiglie vivono una condizione di isolamento sociale, descritti come persone timide, schive e depresse.

Evolutivi . Nei bambini con mutismo selettivo si riscontrano spesso disturbi dello sviluppo, come deficit del linguaggio, ritardo motorio e in alcuni casi sono stati evidenziati quozienti intellettivi più bassi nella media. Il ritardo evolutivo è stato addirittura riportato nel 68,5% dei bambini con mutismo selettivo (Kristensen, 2000). Nel 2013, un ulteriore studio ha proposto un’alterazione della funzione di elaborazione uditiva quale fattore che influenzi i bambini con mutismo selettivo nella percezione della loro voce e quindi nello sviluppo del disturbo.

Comorbidità e diagnosi differenziale

Per poter avviare un intervento efficace è fondamentale formulare una corretta diagnosi di mutismo selettivo, ciò consente di escludere tutti i casi in cui lo sviluppo e la comprensione del linguaggio sono adeguati e i casi in cui tale disturbo è dovuto a specifici deficit mentali.

In particolare è opportuno assicurarsi del corretto funzionamento intellettivo del soggetto e se egli è in grado di comprendere adeguatamente il linguaggio ricettivo. Infatti, si utilizzano i test TINV (intelligenza non Verbale) e la scala di performance della WPPSI o per i bambini oltre i sei anni di età, si utilizza la WISC-III o le matrici colorate come la CPM (RAVEN).

Questi strumenti sono finalizzati alla valutazione delle abilità cognitive in particolare indicate per soggetto con mutismo selettivo, in quanto la risposta viene data risolvendo dei problemi e indicando qual è la soluzione esatta scegliendo tra varie possibilità.

Nei casi più gravi si potrebbe somministrare la LEITER- R che è una scala di valutazione intellettiva completamente non verbale e non richiede alcuna verbalizzazione fra l’esaminatore e il soggetto e né che il soggetto scriva o legga.

Per quanto riguarda invece la valutazione del linguaggio, quindi la possibilità di andare ad escludere in fase di diagnosi eventuali deficit strutturali e di funzionamento linguistico, si può somministrare un altro test, la TLR (test of receptive language), che misura la capacità del bambino di codificare e comprendere il linguaggio parlato.

Inoltre si può utilizzare anche il test CPR (prova di comunicazione referenziale) che consente di andare a valutare l’abilità del bambino di mettere in relazione messaggio, significato e referente, attraverso prove non verbali, utilizzando anche storie figurative e immagini.

I problemi di diagnosi differenziale per quanto riguarda i casi di mutismo selettivo si pongono: con i disturbi d’ansia disturbi, depressivo e anche per escludere forme patologiche di timidezza eccessiva.

Infatti, i bambini con mutismo selettivo mostrano sia una tendenza marcata alla chiusura e all’isolamento sociale eccessiva per molte situazioni sociali che possono produrre comportamenti di evitamento. sia dipendenza ambientale nei confronti dei genitori e ostilità. Forse per quest’ultimo motivo il disturbo è spesso associato ad alterazioni del comportamento con scoppi di rabbia, comportamento appiccicoso nei confronti delle figure di attaccamento e negativismo.

È opportuno prevedere una serie di analisi finalizzate alla rilevazione di stadi d’ansia, utilizzando il questionario scala d’ansia per età evolutiva o il test TAD per andare ad individuare l’entità dei problemi emozionali in particolare la depressione del bambino.

Nei casi in cui ci sia il sospetto ci possa trattare di disturbo depressivo è consigliabile includere anche una batteria di valutazione CDI (children’s depression inventory) che consente di ottenere un quadro più dettagliato dei disturbi psicologici presente nel soggetto ed eventuali fattori correlati alla psicopatologia.

La possibilità di discriminare, in maniera funzionale e univoca casi di mutismo selettivo da atteggiamento di eccessiva timidezza le procedure di assessment si complicano in quanto la notevole somiglianza delle modalità comportamentali nelle affezioni emotivo-motivazionali che contraddistinguono entrambi i disturbi rendono quindi difficile il processo di valutazione e di diagnosi.

Il bambino muto si comporta molto similmente al bambino timido, utilizzando tutti i pattern comportamentali tipici di tale condizione tranne per il fatto che non comunica assolutamente con nessuno che non sia familiare ed esclusivamente in contesti domestici. Quindi viene accentuata dal fatto che nella maggior parte dei casi il bambino con mutismo selettivo presenta in comorbidità anche i tratti di timidezza, ansia sociale, depressione e scarsa autostima che contraddistinguono un soggetto fragile ed emotivamente instabile. Ragion per cui proprio a causa di una particolare evento stressante rispondono con il rifiuto a comunicare.

Nella prima fase delle indagini bisogna accertare i livelli di timidezza, anche se non ci sono stati tanti studi sugli strumenti che consentono di valutare i sintomi nell’infanzia, in molti casi si tratta di questionari introdotti e valutati dall’esterno oppure misure della timidezza della socievolezza limita dall’età adolescente. Hanno dimostrato anche l’esistenza di correlazioni significative tra caratteristiche individuali e la timidezza, infatti, il soggetto eccessivamente timido si contraddistingue dalla scarsa autostima introversione labilità emotiva e quindi tende alla depressione.

Quindi si è reso opportuno in fase di assessment aggiungere agli strumenti finora indicati anche il test TMA che ci consente di misurare l’autostima in età evolutiva nelle molteplici dimensioni e anche il BFQ-C- big five Questionnaire Children che si basano su un modello di 5 fattori di personalità, quelle erano le caratteristiche quali le competenze relazionali estroversione e anche la capacità di controllare ed esprimere le emozioni, quindi la stabilità emotiva.

In sintesi, il mutismo selettivo è associato a un gran numero di disturbi in comorbilità che complicano il quadro clinico del bambino (Disturbo d’ansia da separazione , Disturbo d’ansia generalizzato, Fobia semplice , Tricotillomania , Disturbo d’ansia sociale).

Il disturbo maggiormente presente è sicuramente la fobia sociale: il 90% dei bambini con mutismo selettivo soddisfa i criteri per la diagnosi di tale patologia tanto che per alcuni autori il mutismo selettivo è un precursore della fobia sociale. Sono stati registrati, nel 38% dei mutismi selettivi, anche disturbi del linguaggio e, nel 42%,enuresi e encopresi.

Ulteriori condizioni psichiatriche associate alle mutismo selettivo includono la depressione, il disturbo di panico, il disturbo dissociativo, il DOC e la Sindrome di Asperger.

Trattamento

La tendenza attuale sembra essere quella di interventi multidimensionali che, agendo su più livelli, individuale e anche quello familiare, con set di procedure alquanto diversificate, possono garantire un maggior successo.

Il fattore principale deve essere la volontà del soggetto di prendervi parte quindi, se il bambino si rende disponibile ad essere aiutato allora la soluzione potrà essere facilitata.

La psicoterapia familiare, la terapia farmacologica e la terapia cognitivo-comportamentale possono essere considerati i trattamenti maggiormente utilizzati in ambito clinico per contrastare i casi di mutismo selettivo.

L’intervento riconosciuto più adeguato alla risoluzione di questo disturbo è quello che prevede un approccio esteso e multimodale che unisce all’efficacia delle tecniche comportamentali a strategie cognitive e anche i trattamenti farmacologici mirati.

I trattamenti farmacologici possono fornire numerose risposte positive nei casi in cui fallisce l’approccio psicoterapeutico individuale. Si ritiene necessario somministrare farmaci quando il mutismo è associato a stati d’ansia e disturbi dei comportamenti che vanno ad ostacolare l’apprendimento e lo sviluppo delle abilità cognitive del soggetto.

Numerosi studi confermano l’efficacia di alcuni inibitori della ricaptazione della serotonina in particolare la fluoxetina la fluvxoamina e la phenelzina, questi farmaci sembrano migliorare lo stato di ansia, l’irritabilità e l’eccessiva timidezza mostrata dai bambini con mutismo selettivo.

Utilizzare queste molecole è sempre da valutare con attenzione per gli effetti di dipendenza e di abuso che possono anche sviluppare nel soggetto le possibili difficoltà generate dalla loro sospensione. Nonostante l’uso dei farmaci si mostri efficace nella remissione sintomatologica è opportuno prevedere anche interventi rivolti a contrastare l’ansia e favorire i livelli di autostima e senso di sicurezza nelle situazioni sociali attraverso programmi che facciano riferimento a possibili combinazioni di diverse tipologie di intervento.

Prognosi

I bambini con mutismo selettivo mostrano maggiori difficoltà rispetto ai pari nelle aree accademiche e sociali. Studi longitudinali hanno evidenziato che mentre la sintomatologia tipica del mutismo selettivo migliora con la crescita, gli individui spesso continuano a presentare problemi nelle aree della comunicazione, ansia sociale o altri disturbi psicopatologici.

La presenza di psicopatologia nei soggetti che da bambini hanno sofferto di mutismo selettivo è stimata intorno al 58%. In particolare, nel 42% dei casi, gli individui presentano diagnosi di fobia sociale o fobia specifica in età adolescenziale o adulta. L’età d’esordio, il grado di ansia sociale, la difficoltà nell’area linguistica e la presenza di ulteriori con morbilità predicono la severità della prognosi del disturbo.

I DISTURBI D’ANSIA



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