PSICOMETRIA
La psicometria è una branca della psicologia che tenta di tradurre in termini numerici e quantitativi gli aspetti dell’attività psichica o della personalità, normale o patologica, che altrimenti resterebbero oggetto di una valutazione soggettiva o descrittiva.
Dal punto di vista epistemologico essa rappresenta l’applicazione del modello medico-naturalistico alla psicologia, nel tentativo di formulare “oggettivamente” quello che altrimenti resterebbe a livello di intuizione “soggettiva“.
I metodi psicometrici si avvalgono dei reattivi mentali o test e delle scale di valutazione che sono possibili a partire dal concetto di misura, con l’avvertenza che in matematica questo concetto si riferisce al rapporto tra una grandezza e un’altra della stessa specie assunta come unità, mentre in psicologia indica da un alto la possibilità di stabilire un’esatta corrispondenza tra numero e fatto empirico misurato (isomorfismo), dall’altro la certezza dell’invarianza dei fatti empirici sottoposti a misura.
Si deve a S. S. Stevens la precisazione che in ambito psicologico il numero deve avere un significato diverso rispetto a quello che possiede nelle scienze esatte, perché in psicologia non ha senso addizionare, sottrarre, moltiplicare, dividere. Qui il numero non indica tanto una quantità in senso matematico, quanto un indice che può essere o di posizione, quando segnala la presenza in misura maggiore o minore di una qualità, o di riferimento rispetto ad un continuum che non può essere utilizzato aritmeticamente.
In questo senso i numeri valgono più per la loro relazione che per l’entità che esprimono, e ciò che danno è uno schema di riferimento rispetto al quale trattare i dati empirici.
Questa posizione assunta dalla psicometria si allinea con le tendenze più recenti della matematica che, con B. Russel e G. Peano, sottolineano la non indispensabilità della quantità per la misura.
I test
Il test è un reattivo psicologico impiegato per ottenere una misurazione obiettiva e standardizzata che consenta di analizzare le differenze fra reazioni psichiche di più individui o le relazioni psichiche dello stesso individuo in diversi momenti o condizioni.
La standardizzazione del test implica un’uniformità di procedura affinché sia possibile la comparazione fra i diversi punteggi del medesimo individuo o di più individui.
Caratteristiche fondamentali di un test
Un test mentale, per essere utilizzabile, deve possedere almeno le seguenti caratteristiche: validità, attendibilità, sensibilità, praticità ed economia.
Validità. E’ la capacità di un test di misurare esattamente ciò che si propone, quindi la sua selettività fra ciò che deve essere misurato e ciò che non interessa.
Attendibilità: Questa seconda caratteristica, detta anche affidabilità, è data dall’accuratezza con cui il test misura, e dalla costanza delle sue misurazioni che devono fornire risultati identici se somministrato ripetutamente allo stesso individuo nelle stesse condizioni.
Sensibilità: Questa caratteristica è rilevabile verificando la capacità del test di discriminare fra individuo ed individuo, e fra i diversi livelli evolutivi e di apprendimento dello stesso individuo.
Praticità ed economia: Sono caratteristiche di limitato valore teorico, ma che decidono di fatto l’adozione di un reattivo rispetto ad un altro. Per praticità si intende la comodità di impiego, la semplicità della correzione, la facilità del conteggio dei punteggi; per economia si intende il costo limitato, il tempo di applicazione e la rapidità dello spoglio dei risultati.
Nell’ambito dei test, la distinzione fondamentale è fra test di rendimento o prestazione o efficacia e test di personalità, dove si distinguono i test obiettivi e i test proiettivi.
Test di rendimento
Consistono in una serie di prove scelte con difficoltà crescenti e standardizzate su un campione sufficientemente rappresentativo, allo scopo di valutare determinate funzioni psichiche o determinate attitudini.
Test di intelligenza
Il primo reattivo mentale risale ad A. Binet per la determinazione del quoziente intellettuale attraverso un rapporto tra età mentale ed età cronologica. Questo test, noto come scala di Binet-Simon, fu rielaborato nel 1908 e successivamente nel 1916 quando prese il nome di scala Stanford-Binet; successivamente fu abbandonato e sostituito dal test Wechsler-Bellevue che ancora oggi è il più usato nella determinazione del livello di intelligenza (Wechsler Adult Intelligence Scale o WAIS )
In questo ambito rientrano il test di Raven (matrici progressive) per la valutazione globale dell’intelligenza, il test associativo di F. Galton, la scala di Alexander per la valutazione dell’intelligenza pratica, la scala Borelli-Oléron per la misurazione dell’intelligenza in bambini con difetti all’apparato uditivo, il test del lessico per l’intelligenza linguistica e altri ancora
Test per facoltà specifiche
Esempi di test per facoltà specifiche sono il test di cancellazione per la misurazione dell’attenzione, la scala Oseretzky per l’attività motoria, lo speed test per la velocità nell’esecuzione di un compito, le prove Nagel per la capacità di distinguere i colori.
Test clinico-diagnostici
Sono impiegati quando si tratta di stabilire se un disordine è di tipo funzionale o di tipo organico. Rientrano in questo ambito i test psicofisiologici, i test neuropsicologici, le matrici progressive di Raven , per lo studio del ragionamento e la soluzione dei problemi, il test di Goldstein applicato ai cerebrolesi, il test Benton per lo stato di compromissione delle funzioni mentali nei bambini e negli adolescenti, il test Bender Gestalt per la misurazione delle funzioni visuo-percettive e visuo-costruttive.
Test di personalità
Si prefiggono di esplorare la personalità o nella sua globalità o in qualche sua dimensione, come i test di dominanza-sottomissione o quelli di introversione-estroversione, allo scopo di riferirla ad una classificazione o a una tipologia.
In questo caso l’interpretazione dei dati , a differenza di quanto avviene nei test di rendimento, sono sottoposti a un’interpretazione non solo quantitativa, ma anche qualitativa.
In questo ambito si distinguono due grandi categorie: i test obiettivi costruiti su principi omogenei ai test di rendimento, quindi con prove o domande le cui risposte vengono dapprima quantitativamente conteggiate e poi qualitativamente valutate, e i test proiettivi idonei all’indagine dei processi inconsci, ma non facilmente assoggettabili a una generalizzazione delle risposte entro schemi prefissati e quindi conteggiabili.
I Test Obiettivi.
In questo ambito si sono adottati diversi metodi per affrontare le difficoltà inerenti alla costruzione degli invarianti di personalità:
il metodo della costruzione empirica che si serve delle risposte di gruppi di riferimento formati da individui che presentano le caratteristiche che si intendono valutare. Questa standardizzazione ottenuta dal campione di popolazione di riferimento permette di trasformare i punteggi “grezzi” ottenuti dal campione esaminato in punteggi “ponderati”. Tale è il MMPI ( Minnesota Multiphasic Personality Inventory ) dove si esaminano i tratti patologici della personalità mediante il confronto tra le risposte dei soggetti esaminati e quelle dei pazienti affetti da diversi tipo d disturbi mentali.
il metodo che utilizza l’analisi fattoriale dove, considerando un numero significativo di supposte manifestazioni di capacità mentale e calcolando per ciascuna il coefficiente di correlazione con tutte le altre, si procede alla costruzione di insiemi che codificano un determinato tratto o funzione mentale in rapporto alle rispettive correlazioni. A questo criterio risponde il questionario Cattel Test 16PF
il metodo della costruzione del test in base a un modello teorico con validazione sperimentale come l’ EPI ( Eysenck Personality Inventory ) costruito sulla base della teoria della personalità elaborata da H. J. Eysenck
il metodo della correlazione per lo stile di risposta come l’ EPPS ( Personal Preference Schedale ) di A. L. Edwards, ideato per ridurre la desiderabilità sociale dell’intervistato nella formulazione delle sue risposte
Le Rating scale ( RS ) che rispetto ai questionari di personalità sopra elencati non mirano a focalizzare le caratteristiche strutturali di una personalità, ma a qualificare una sintomatologia clinica e le sue possibili variazioni nel tempo
I Test Proiettivi
Sono test non rigidamente strutturati dove il soggetto, rispondendo più liberamente, mette qualcosa di più personale nelle sue risposte che, opportunamente esaminate, consentono di scorgere gli aspetti inconsci della sua personalità.
Il termine proiettivo fa riferimento al meccanismo della proiezione illustrato dalla psicoanalisi in cui il soggetto espelle da sé e localizza nell’altro, persona o cosa, qualità, sentimenti, desideri che egli non riconosce o rifiuta di riconoscere in sé.
Nelle tecniche proiettive il termine proiezione viene usato in un’accezione più ampia e si riferisce alla modalità con cui il soggetto organizza le proprie esperienze, proiettando in un materiale non strutturato la struttura della sua personalità.
Questo tipo di test fa appello alla produzione immaginativa in cui il soggetto è libero di creare il proprio mondo rivelando nella sua creazione anche le tendenze inconsce di cui non è pienamente consapevole.
Le caratteristiche principali di questo test sono: l’ambiguità dello stimolo fornito, la molteplicità delle risposte possibili, non sottoposte al giudizio giusto/sbagliato, e l’interpretazione della prova che, a differenza delle tecniche psicometriche, non esclude un rapporto interpersonale con l’esaminatore.
Rientrano in questo gruppo:
- – il TAT ( Thematic Apperception Test ) che rivela i temi fondamentali che ricorrono nelle produzioni immaginative del soggetto
- – il Test di Rorschach che si basa sull’ipotesi che le risposte verbali fornite dal soggetto, riflettendo le sue modalità cognitivo-affettive, forniscano un quadro della sua struttura di personalità
- – il CAT ( Children Apperception Test ) elaborato da L. Bellak per lo studio dell apersonalità dei bambini
- – l’ ORT ( Object Relations Technique ) elaborato da H. Phillipson a partire dai presupposti teorici che sono alla base della relazione oggettuale
- – Il Blacky Pictures elaborato da G. S. Blum per valurare le varie componenti di competenza psicoanalitica
- – il metodo delle favole elaborato da L. Duss per valutare le reazioni normali, patologiche e sintomatiche nel modo in cui il bambino conclude una favola iniziata dallo sperimentatore
- – i test che impiegano il disegno come il disegno della famiglia, dell’albero, della figura umana, come altrettanti schermi su cui proiettare il proprio vissuto, la percezione di sé e le tendenze del proprio inconscio
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Fonte: Dizionario di Psicologia – U. Glimberti
Bibliografia
Anastasi A., I test psicologici, Angeli, 1995
Boncori L., Teoria e tecniche dei test, Bollati Boringhieri, 1993
Bosinelli M., Metodi in psicologia clinica, Il mulino, 1984
Calvi G., La diagnosi psicologica e i suoi strumenti. La scuola, 1972
Mieli R., Manuale di diagnostica psicologica, Giunti, 1967
Passi Tognazzo D., Metodi e tecniche nella diagnosi della personalità, Giunti, 1975
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