meccanismi di difesa

I meccanismi di difesa




COSA SONO I MECCANISMI DI DIFESA

I meccanismi di difesa sono dei processi psichici messi in atto dall’individuo, generalmente in maniera inconscia e automatica, per riuscire ad affrontare situazioni stressanti e/o gestire lo scontro tra affetti, impulsi, desideri e pensieri conflittuali.

Essenzialmente sono delle forme di reazione che operano al di fuori della sfera della coscienza e sono messi in atto dall’Io per intervenire davanti a eventi di angoscia. Possono essere considerare delle forme di adattamento dell’individuo.

I meccanismi di difesa sono il risultato di diversi fattori, tra cui fattori ereditari, fattori culturali, condizionamenti contestuali o relazionali. Essi derivano in gran parte dall’esperienza soggettiva della persona.

Le difese possono essere adattive o disadattive, in quest’ultimo caso si parla di difese patologiche. Nonostante nei quadri psicopatologici ci sia una tendenza alla “cristallizzazione”, per cui il soggetto difficilmente abbandona i propri meccanismi di difesa e continua ad utilizzare difese primitive e immature, i meccanismi di difesa sono reversibili, fattore che legittima la potenzialità curativa degli interventi di psicoterapia.

ALCUNI AUTORI CHE HANNO PARLATO DEI MECCANISMI DI DIFESA

SIGMUND FREUD:

Lo studio dei meccanismi di difesa è iniziato con Sigmund Freud nel 1894 ed è stato poi ripreso da diversi psicoanalisti. Freud descrive i meccanismi di difesa come dei meccanismi psichici inconsci volti a proteggere l’individuo da desideri, emozioni e pensieri reputati dal soggetto come inadeguati e spiacevoli.

Freud descrive per la prima volta l’inconscio introducendo proprio il concetto di “rimozione” (nel senso di “rimuovere” dalla parte conscia della mente i contenuti conflittuali e dolorosi), termine con il quale inizialmente indicava genericamente i processi difensivi.

Sigmund Freud individua numerosi meccanismi di difesa: rimozione, formazione reattiva, isolamento, sublimazione, annullamento retroattivo, spostamento, isteria, ossessioni e compulsioni, fobie.

Un meccanismo di difesa entra in azione con modalità al di fuori della sfera della coscienza: di fronte a una situazione che genera eccessiva angoscia, per esempio, l’Io ricorre a varie strategie per fronteggiare l’estrema portata ansiosa dell’evento, con lo scopo preminente di escludere dalla coscienza ciò che è ritenuto inaccettabile e pericoloso.



ANNA FREUD:

Sono di ampio rilievo anche i contributi della figlia di Freud, Anna Freud, che li descrive ampiamente nel suo libro “L’lo e i meccanismi di difesa” (1968). Nel 1936 Anna Freud afferma: “I mezzi difensivi rivelati ora dalla psicoanalisi mirano tutti ad uno scopo: aiutare l’Io nella sua lotta contro la vita istintuale.” La sua prospettiva ha posto l’attenzione sul ruolo adattivo di questi processi mentali, e non solo patologico. Secondo l’autrice i meccanismi di difesa vengono scatenati da tre tipi di angoscia a cui l’lo si trova principalmente esposto: Angoscia morale (derivante dal conflitto tra Es e Super-lo), Angoscia del reale (conflitto tra Es e realtà esterna), Angoscia istintuale (conflitto tra Es e lo). Secondo Anna Freud tutte le difese possono essere ordinate lungo una linea evolutivo-maturativa. L’adeguatezza e l’additività di un determinato meccanismo possono essere valutate sulla base di quattro importanti criteri:

  • INTENSITÀ: ossia quanto una difesa viene impiegata;
  • ADEGUATEZZA RISPETTO ALL’ETÀ: ossia prematurità, fissazione o regressione del meccanismo;
  • REVERSIBILITÀ: ossia abilità dell’individuo nel disattivare la difesa quando cessa di essere funzionale;
  • EQUILIBRIO TRA LE DIFESE: ossia utilizzo di un alto numero di difese da parte dell’individuo o impiego ristretto e rigido delle difese.

In questo modo, Anna Freud introduce e indaga l’esistenza di una possibile correlazione tra i meccanismi di difesa utilizzati dal soggetto e lo stato di salute dell’Io di quest’ultimo.

In conclusione, l’autrice propone un elenco di meccanismi di difesa che comprende quelli già esposti dal padre assieme alcuni meccanismi nuovi, ovvero l’identificazione con l’aggressore e l’altruismo.

MELANIE KLEIN:

Il principale merito di Melanie Klein nello studio dei meccanismi di difesa è quello di aver approfondito i meccanismi di difesa più primitivi, in particolare quello dell’identificazione proiettiva. La psicologa ha ricollegato lo sviluppo dei primi meccanismi di difesa già alle prime fasi dello sviluppo psicologico dell’uomo, quindi al periodo infantile. Secondo Klein, il processo di formazione dei meccanismi di difesa è strettamente legato allo sviluppo delle prime relazioni oggettuali e alla risoluzione dei conflitti che emergono in queste relazioni durante l’infanzia.

Nel suo modello di sviluppo psicosessuale del bambino, Melanie Klein parla di “posizione schizo-paranoide” e “posizione depressiva”. Durante la posizione schizo-paranoide (che si verifica nei primi mesi di vita), il bambino vive un’esperienza di frammentazione e divide il mondo in parti buone e parti cattive. In questa fase il bambino utilizza meccanismi di difesa quali scissione e identificazione proiettiva, con lo scopo di difendersi dall’ansia derivante dalla sua percezione di un mondo pericoloso e minaccioso. Successivamente, nella posizione depressiva (che si sviluppa verso la fine del primo anno di vita), il bambino inizia a sviluppare una maggiore consapevolezza della realtà esterna e delle sue relazioni con gli altri. Qui si manifestano altri meccanismi di difesa come l’idealizzazione e la svalutazione, mentre il bambino cerca di gestire sentimenti di colpa e rimorso derivanti dai suoi desideri e comportamenti conflittuali.

Quindi, secondo Klein, i meccanismi di difesa si sviluppano in risposta ai conflitti che emergono durante lo sviluppo psicosessuale del bambino. Questi conflitti riguardano principalmente la lotta tra desideri e impulsi inconsci e le esigenze del mondo esterno, come anche le relazioni con le figure primarie di attaccamento. I meccanismi di difesa diventano uno strumento per gestire l’ansia e mantenere l’equilibrio psichico mentre il bambino naviga attraverso questi processi di sviluppo emotivo e relazionale.

OTTO KERNBERG:

Secondo Kernberg i meccanismi di difesa possono essere definiti come fenomeni intrapsichici volti a governare tutti quei conflitti interiori che coinvolgono al loro interno diverse componenti del soggetto, tra cui in particolare il concetto di Sé e le relazioni oggettuali interiorizzate.

Le teorizzazioni di Otto Kernberg derivano principalmente dalle sue esperienze in ambito clinico e per questo, i suoi studi sulle difese rimangono fortemente collegate alla psicopatologia.

Kernberg basa tutti i suoi approfondimenti sui meccanismi di difesa su una concezione delle difese come disposte lungo un ipotetico continuum gerarchico ed evolutivo di gravità: i pazienti più gravi (ovvero quelli con organizzazione di personalità psicotica) sono quelli che persistono nell’uso di meccanismi patologici che risultavano tipici e fisiologici nel corso di fasi molto precoci dello sviluppo psichico (difese primitive).

J. C. PERRY:

Perry definisce la difesa come un meccanismo psicologico che media tra desideri, bisogni, affetti, impulsi dell’individuo da una parte, e proibizioni interne o esterne dall’altra. Secondo Perry vi sono 7 tipi di difese:

  • Difese di action
  • Difese borderline
  • Difese di diniego
  • Difese narcisistiche
  • Difese nevrotiche
  • Difese ossessive
  • Difese mature (di alto livello)

Inoltre, le caratteristiche fondamentali dei meccanismi di difesa, secondo Perry, sono:

– Le difese sono relativamente inconsce e involontarie

– Le difese distorcono la realtà interna e/o esterna

– Le difese distorcono la relazione tra affetto e idea e tra soggetto e oggetto

– Le difese sono più spesso sane che patologiche

-Le difese mostrano capacità maturativa nel tempo



TIPOLOGIE DI MECCANISMI DI DIFESA

Esistono diverse tipologie di meccanismi di difesa. Vediamo le principali:

1) DIFESE DI ALTO LIVELLO:

Queste difese portano ad un adattamento ottimale nel gestire gli eventi stressanti e permettono la consapevolezza dei sentimenti, delle idee e delle loro conseguenze. Inoltre, promuovono un bilanciamento ottimale tra spinte-desideri conflittuali e generalmente massimizzano la gratificazione dell’individuo.

Tra queste troviamo:

  • Anticipazione: Il soggetto anticipa dal punto di vista psichico le emozioni associate a problemi probabili o futuri, considerando soluzioni alternative e anticipando le reazioni emotive, in modo da permettere la preparazione di una migliore risposta adattativa, così da attenuare gli effetti dei futuri conflitti e dello stress.
  • Affiliazione: Il soggetto si rivolge agli altri per avere aiuto o sostegno, per confidarsi al fine di sentirsi meno solo. Aumenta così la sua capacità di far fronte ai i suoi problemi ricevendo il sostegno e la comprensione degli altri, siano un consiglio o un aiuto pratico.
  • Altruismo: Il soggetto si dedica agli altri, ricevendo in questo modo delle gratificazioni parziali o indirette da parte degli altri e soddisfacendo in parte i propri bisogni.
  • Umorismo: Il soggetto insiste sugli aspetti comici o ironici del conflitto e dello stress. L’umorismo permette di alleviare le tensioni condividendole con gli altri in maniera comica, e aiuta a esprimere simbolicamente gli affetti o i desideri di intralcio.
  • Auto-affermazione: Il soggetto esprime le proprie emozioni e pensieri per raggiungere i suoi obiettivi di ridurre l’ansia o il dolore psichico associato a elementi conflittuali.
  • Auto-osservazione: Il soggetto riflette sui propri pensieri, affetti, motivazioni e comportamenti, ciò che gli permette di comprendersi meglio e di meglio adattarsi alle esigenze della realtà esterna.
  • Sublimazione: Il soggetto dirige le sue emozioni e pulsioni, giudicate inaccettabili o discutibili verso nuovi oggetti socialmente apprezzati (ad esempio lo sport, che canalizza le pulsioni aggressive, o le creazioni artistiche, che canalizzano i conflitti pulsionali), il che porta al soggetto anche un riconoscimento o gratificazione a livello sociale.
  • Repressione: Il soggetto mette momentaneamente da parte problemi, desideri o affetti che lo disturbano, per poi farli ritornare alla coscienza e affrontarli/risolverli in un momento più opportuno.

2) DIFESE DI INIBIZIONE MENTALE o DI FORMAZIONI DI COMPROMESSO:

Le difese di questo livello mantengono idee, sentimenti, memorie, desideri o paure potenzialmente minacciose fuori dalla consapevolezza dell’individuo.

Queste difese si dividono in due sottotipi: difese ossessive e difese nevrotiche.

DIFESE OSSESSIVE: mantengono intatti gli aspetti cognitivi e inibiscono quelli affettivi. Tra queste troviamo:

  • Intellettualizzazione: Il soggetto affronta i conflitti emotivi e le fonti di stress interne o esterne attraverso l’uso eccessivo del pensiero astratto per evitare di provare sentimenti che lo disturbano.
  • Isolamento dell’affetto: Il soggetto è incapace di essere simultaneamente cosciente delle componenti affettive e cognitive esperite perché l’affetto rimane distanziato dalla coscienza. Il soggetto non è cosciente del contenuto emozionale associato a un’idea, pur rimanendo comunque cosciente dei contenuti cognitivi.
  • Annullamento retroattivo: Il soggetto mette in atto pensieri o comportamenti che hanno un significato opposto ad altri pensieri, affetti o comportamenti conflittuali (passati o presenti), attraverso i quali tenta di annullare i conflitti; questo meccanismo corrisponde a un processo di riparazione “magico” per il soggetto.

DIFESE NEVROTICHE: presentano un profilo opposto a quelle ossessive, ovvero inibiscono gli elementi cognitivi ma non quelli affettivi. Tra queste troviamo:

  • Spostamento: Il soggetto sposta una rappresentazione o un affetto legato ad un oggetto su un altro oggetto, meno angosciante e meno conflittuale. Il conflitto è così spostato su cose secondarie.
  • Dissociazione: Il soggetto altera la funzione integrativa della coscienza o dell’identità e un affetto o una pulsione agisce nella sua vita psichica senza che ne sia cosciente, cosa che gli può provocare la perdita di una funzione o un comportamento insolito (ad esempio: confusione, sensazione di vertigine, presenza di sintomi fisici senza riconoscimento di ciò che potrebbe essere un legame con i sintomi…).
  • Formazione reattiva: Ad affetti o pensieri inaccettabili, il soggetto attribuisce un senso diametralmente opposto, che gli permette di evitare i sensi di colpa.
  • Rimozione: Il soggetto è incapace di ricordare o essere cognitivamente consapevole dei conflitti (desideri, sentimenti, pensieri o esperienze), il che lo protegge da ciò che prova o ha provato. Le componenti emozionali sono presenti, mentre le componenti cognitive rimangono fuori dalla coscienza.



3) DIFESE DI DISTORSIONE MINORE DELL’IMMAGINE:

Le difese di questo livello sono caratterizzate da distorsioni dell’immagine di sé, del corpo, o degli altri. Lo scopo principale è quello di regolare e mantenere l’autostima. Alle volte, vengono definite anche difese narcisistiche.

Tra queste troviamo:

Svalutazione: Il soggetto attribuisce “qualità” eccessivamente negative a sé stesso o ad altri, vale a dire affermazioni denigratorie, sarcastiche su sé stessi o sugli altri in modo da aumentare l’autostima.

Idealizzazione: Il soggetto attribuisce qualità esagerate a sé stesso o ad altri, cosa che gli procura una fonte di soddisfazione e una protezione contro i sentimenti di impotenza, nel senso che ciò gli permette di mantenere un’immagine perfetta e irreprensibile dell’oggetto idealizzato.

Onnipotenza: Il soggetto sviluppa, attraverso l’auto-attribuzione di capacità o di poteri straordinari, un’immagine di sé onnipotente e superiore a quella degli altri, che lo protegge da una diminuzione di autostima. L’autostima è artificiosamente ingigantita, deformando la valutazione dei conflitti che si accompagnano a sentimenti opposti.

4) DIFESE DI DISTORSIONE MAGGIORE DELL’IMMAGINE:

Le difese di questo livello sono caratterizzate da una distorsione maggiore o una attribuzione erronea dell’immagine di sé, del proprio corpo, o degli altri. Queste difese servono principalmente a mantenere l’integrità (più che l’autostima) del sé. Chiamate anche difese borderline.

Tra queste troviamo:

Scissione: Il soggetto separa parti buone e parti cattive e descrive sé stesso o gli altri come solo buoni o solo cattivi, senza riuscire a integrare in un’immagine coesa gli aspetti positivi e negativi di sé e degli altri. Come se il mondo fosse diviso in due campi distinti, il bene e il male.

Fantasia autistica (schizoide): Il soggetto si rifugia eccessivamente in sogni a occhi aperti come sostituti di rapporti umani e sociali, al fine di proteggersi dai conflitti o permettere la soddisfazione di impulsi e desideri, ottenendo così soddisfazioni temporanee e sostitutive senza confrontarsi con il principio di realtà

Identificazione proiettiva: è un meccanismo di difesa multicomponenziale:

  1. La persona scinde le parti positive e le parti negative di sé che non accetta e non integra (scissione);
  2. La persona inconsciamente proietta tali parti su qualcun altro (proiezione);
  3. La persona agisce e si comporta in maniera tale che l’altro attivamente faccia proprie e provi queste parti negative (manipolazione);
  4. L’altro si identifica e agisce le parti negative proiettate (identificazione proiettiva).

5) DIFESE DI DINIEGO:

Le difese di questo livello sono caratterizzate dal tenere fuori dalla consapevolezza stressors, impulsi, idee, affetti e senso di responsabilità spiacevoli o inaccettabili. Questo può avvenire con o senza attribuzione all’esterno.

Tra queste troviamo:

Negazione: Il soggetto rifiuta di riconoscere alcuni aspetti della sua realtà psichica (affetti e rappresentazioni) che sono evidenti agli altri.

Proiezione: È un’allocazione esterna di un impulso ritenuto pericoloso e inaccettabile. Ha una funzione protettiva rispetto le possibili conseguenze se quell’impulso fosse agito. Si ritiene sia di basso valore adattivo perché di fatto questa difesa non riduce l’ansia e l’angoscia, in quanto crea un mondo esterno percepito fondamentalmente ostile (soprattutto perché solitamente c’è qualche base effettiva di realtà). L’ansia può ridursi se si attua (anche in pensiero) la fuga. Quindi in sostanza, il soggetto attribuisce agli altri (senza esserne consapevole) i propri sentimenti, impulsi o i pensieri inadeguati e ciò gli permette di evitare di confrontarsi direttamente con quelle emozioni o pensieri che lo renderebbero troppo vulnerabile se ammettesse la loro presenza in sé stesso. Se usata in maniera rigida, la proiezione può portare a una patologia paranoide.

Esternalizzazione: È un’allocazione esterna di un aspetto di Sé negativo o inaccettabile. Ha una funzione primariamente protettiva rispetto un dolore narcisistico, come l’umiliazione. Spesso, a differenza della proiezione, non ha una marcata base di realtà. Se non usata in maniera rigida, salvaguarda l’equilibrio narcisistico e riduce ansia e angoscia. Se usata in maniera rigida invece può portare a una patologia narcisista.

Razionalizzazione: Il soggetto elabora le spiegazioni rassicuranti e utili per giustificare i propri comportamenti o quelli degli altri. I veri motivi non sono percepiti dal soggetto per evitare di prendere coscienza delle motivazioni autentiche di questi comportamenti.

Diniego: Il soggetto rifiuta attivamente un dato di realtà o che un qualche evento sia veramente avvenuto. «Non è, vero».



6) DIFESE DI ACTING:

Le difese di questo livello sono caratterizzate dal gestire gli eventi stressanti, interni o esterni, tramite l’agire o il ritiro.

Tra queste troviamo:

Acting out: Il soggetto esprime le proprie emozioni e i propri conflitti non elaborati mettendo in dei comportamenti o delle azioni impulsive, verso il mondo esterno,

Aggressività passiva: Il soggetto esprime in maniera indiretta e dissimulata aggressività verso gli altri e presenta, sotto una facciata di cooperazione e benevolenza, una resistenza nascosta verso gli altri, sentimenti di ostilità e risentimento.

Ipocondriasi: Il soggetto usa ripetute lamentele attraverso le quali chiede ostentatamente aiuto, ma contemporaneamente esprime sentimenti nascosti di aggressività o di risentimento nei confronti degli altri sotto forma di rifiuto di qualsiasi proposta di di assistenza.

Ritiro apatico: II soggetto si sottrae a situazioni sociali o interpersonali, sostituendo lo stimolo del proprio mondo fantastico interiore alle tensioni della relazione con gli altri

7) DISREGOLAZIONE DELLE DIFESE:

Questo livello indica il fallimento della regolazione difensiva. Il soggetto non riesce a contenere la propria reazione agli eventi stressanti, interni o esterni. Ciò porta alla rottura dell’esame di realtà.

Tra queste troviamo:

Proiezione delirante: l’individuo attribuisce pensieri, emozioni e impulsi agli altri, senza che siano basati su elementi di realtà.

Negazione psicotica: forma aggravata di diniego, dove non esiste un contatto con la realtà.

Distorsione psicotica: la realtà viene percepita in maniera marcatamente diversa rispetto gli altri. La realtà viene modificata per gestire il dolore.



PSICOTERAPIA

Autore

error: Content is protected !!