asse microbiota-intestino-cervello

L’asse microbiota-intestino-cervello (microbiota-gut-brain axis, MGBA) o asse cervello-intestino (gut-brain axis, GBA) è la via di comunicazione tra il cervello ed il microbiota intestinale. Il microbiota intestinale è l’insieme di tutti i microorganismi (batteri, virus, eucarioti) che si trovano nell’intestino umano.

Ma come mai, tra tutti gli organi, proprio l’intestino è così importante?

Cos’è l’asse microbiota-intestino-cervello

L’intestino assorbe le sostanze nutritive vitali per la nostra sopravvivenza, svolge un’azione protettiva e difensiva contribuendo alla sintesi di cellule immunitarie ed è responsabile di mantenere l’equilibrio biochimico dell’organismo. Proprio perché svolge queste funzioni fondamentali, l’intestino è dotato di un sistema nervoso autonomo (o vegetativo), il quale gli permette di garantire tali funzionalità indipendentemente dal sistema nervoso centrale.



L’intestino umano contiene al suo interno una quantità di batteri pari a 1×1013-14, ossia un numero di cellule microbiche pari a 10 volte il numero totale di cellule dell’organismo. Questi batteri costituiscono un vero e proprio ecosistema che vive in un rapporto mutualistico con la mucosa intestinale. Ciò significa che questi batteri traggono nutrimento dall’apparato digerente dell’essere umano ed in cambio essi svolgono delle funzioni fondamentali per la salute umana.

Tra le funzioni principali troviamo:

  • Proteggere dai patogeni
  • Eliminare le tossine
  • Contribuire a fortificare la risposta immunitaria
  • Favorire il corretto processo digestivo
  • Regolare il metabolismo e il senso di sazietà
  • Proteggere l’apparato cardiocircolatorio
  • Contribuire alla sintesi di vitamine (in particolare la vitamina B12)
  • Contribuire alla sintesi di neurotrasmettitori, citochine, acidi grassi a catena corta

Nell’intestino proliferano più di 400 tipologie differenti di batteri; quelli prevalentemente presenti sono i Bifidobatteri, che risiedono principalmente nel colon, ed i Lattobacilli, concentrati nell’intestino tenue.

La presenza del microbiota intestinale è nota già da tempo, ma si presumeva che questi batteri fossero organismi commensali, cioè innocui ma inutili per l’ospite umano. Negli ultimi 15 anni invece, in seguito ad un cambio di prospettiva, si è verificata un’enorme proliferazione di studi preclinici e clinici che tentano di chiarire i meccanismi attraverso i quali il microbiota intestinale comunica con il cervello e lo influenza, e viceversa.

Il microbiota intestinale interagisce con il cervello attraverso il sistema nervoso enterico, più specificatamente i due organi comunicano mediante il nervo vago, ovvero il decimo paio dei dodici nervi cranici presenti nell’essere umano. Questa comunicazione bidirezionale avviene attraverso vari meccanismi e mediatori, che l’intestino stesso produce, tra cui neurotrasmettitori (serotonina, triptofano, acido gamma-amino butirrico), ormoni, citochine e acidi grassi a catena corta.




Cosa comporta un’alterazione del microbiota intestinale a livello cerebrale?

L’alterazione della composizione microbica intestinale può attivare alcune vie di segnale delle cellule intestinali che comportano una sovra-produzione di molecole infiammatorie (le citochine), prodotte dall’ intestino. Queste molecole, oltre a causare lesioni intestinali, raggiungono il cervello e colpiscono il Sistema Nervoso Centrale, provocando un’infiammazione che causa disfunzioni cerebrali. Oltre a ciò, l’alterazione del microbiota interferisce con la produzione di neurotrasmettitori, ormoni e acidi grassi a catena corta, tutti fondamentali per le funzioni cerebrali.

Questa informazione è fondamentale per capire che i due organi sono strettamente connessi e che una lesione o un’infiammazione a uno dei due può causare danni anche all’altro.

Negli ultimi decenni si è fatta sempre più strada l’idea che la comunicazione bidirezionale tra cervello e intestino, in particolare tra cervello e microbiota intestinale, sia degna di attenzione scientifica perché potrebbe essere un fattore determinante per la nostra salute fisica e psicologica.

Numerosi studi preclinici e clinici hanno dimostrato che lo stato di salute del microbiota intestinale e di questo asse di comunicazione sono fondamentali per garantire il benessere della persona, viceversa un loro malfunzionamento sembra contribuire a causare numerose patologie gastrointestinali, neurali e psichiatriche, quali:

Ad esempio, alcune ricerche hanno dimostrato che il 20% dei pazienti con malattie infiammatorie intestinali soffrono anche di disturbi del sonno e depressione.

Il microbiota intestinale diventa essenziale dal momento che esso può riflettere lo stato di salute di un paziente e fornire una gamma di biomarcatori per valutare la gravità di alcune malattie. Pertanto, il microbiota rappresenta una variabile da considerare nella diagnosi e nell’ eziologia di varie patologie.

Tuttavia, non è chiaro se la disbiosi del microbiota intestinale (ovvero l’alterazione dell’equilibrio intestinale) contribuisca a provocare una malattia specifica o se essa stessa sia il risultato di una malattia.

Inoltre, l’interpretazione dei dati risulta ancora difficile dal momento che i cambiamenti analizzati nel microbiota di soggetti distinti sono spesso incoerenti. I risultati incoerenti potrebbero essere attribuiti a molti fattori biologici, come popolazioni di pazienti eterogenee, differenze nello stadio di una determinata malattia, dieta, malattie in comorbidità, attività fisica, età dei pazienti, ecc.

Anche le differenze metodologiche possono avere un profondo impatto sui risultati ottenuti negli studi. Oltre a ciò, ad oggi gli studi clinici sono ancora limitati ed emergono alcune discrepanze quando i risultati ottenuti sugli animali vengono testati su esemplari umani. Inoltre, non sappiamo ancora quale sia la composizione ottimale del microbiota che garantisce lo stato di salute della persona.

Trattandosi di un ambito di ricerca abbastanza recente (limitato agli ultimi decenni), molti aspetti vanno ancora chiariti e approfonditi, nonostante ciò si tratta di una nuova frontiera della medicina e della psichiatria che fino ad oggi ha riportato degli esiti promettenti e sufficienti da giustificare un proseguimento della ricerca in questa direzione.

Sebbene si tratti di un terreno ancora da esplorare, una cosa è certa: un buon equilibrio batterico intestinale è fondamentale per mantenere uno stato di salute ottimale.

Quindi è importante cercare di rafforzare la flora batterica e mantenere delle abitudini sane.

Ad oggi sappiamo che la composizione del microbiota dipende da numerosi fattori:

  • genetica
  • allattamento alla nascita —> attraverso l’allattamento il bambino ingerisce vari batteri provenienti dalla madre, quindi favorisce la biodiversità
  • tipo di parto (naturale o cesareo) —> il parto naturale permette al bambagino di acquisire una composizione batterica simile a quella del microbiota vaginale ed intestinale della madre, con una conseguente maggiore varietà di specie
  • dieta
  • uso di farmaci, antibiotici e esposizione ad agenti antimicrobici

In conclusione, approfondiamo questi ultimi due fattori in modo da capire come ciascuno di noi possa intervenire sul microbiota per salvaguardarlo.

asse microbiota-intestino-cervello

Microbiota intestinale e dieta

Era già stato ipotizzato che alcune componenti derivanti dalla dieta avessero delle funzioni neuroprotettive e antidepressive, oltre a ciò sembra che contribuiscano anche alla biodiversità del microbiota intestinale.

Abbiamo la certezza che alcuni tipi di dieta, prima tra tutte quella mediterranea, possano migliorare le condizioni dei sistemi endocrino, gastrointestinale ed immunitario.

Le abitudini dietetiche di lunga data influenzano fortemente la composizione del microbiota intestinale, questo perché il microbiota si evolve parallelamente allo stile alimentare dell’individuo.

È stato osservato che la biodiversità del microbiota intestinale viene favorita da un abbondante consumo di fibre vegetali e al contrario viene ridotta da una dieta ricca di zuccheri e grassi.

L’organismo umano non possiede gli enzimi necessari a scomporre la fibra derivante da alimenti vegetali. Per questo, essa raggiunge intatta l’ultimo tratto dell’apparato digerente (il colon), all’interno del quale entra in contatto con il microbiota intestinale. I batteri intestinali se ne nutrono e la digeriscono per noi, producendo delle sostanze benefiche per l’intestino e per l’intero organismo, ovvero gli acidi grassi a catena corta. Anche per questa ragione i batteri del microbiota intestinale sono molto importanti.

Anche alcune tipologie di fibra solubile, come i frutto-oligosaccaridi, i galatto-oligosaccaridi e l’insulina, influenzano la composizione del microbiota. Essi infatti sembrano promuovere la crescita di batteri positivi, come alcune specie di Bifidobatteri e Lattobacilli.

Allo stesso tempo, una dieta ricca di grassi saturi (derivanti da carne rossa e carboidrati raffinati) e povera di pesce e alimenti di origine vegetale, può modificare la struttura e le funzioni del microbiota intestinale, causando disbiosi. Questo fenomeno innesca meccanismi pro-infiammatori che colpiscono il sistema nervoso centrale, il sistema immunitario ed il sistema gastrointestinale, con conseguenti condizioni patologiche per l’individuo.

La dieta mediterranea è quella che corrisponde maggiormente ai requisiti ed è per questo considerata una delle diete più sane.

Essa è caratterizzata da:

  • un elevato quantitativo di fibra, attraverso il consumo di verdura, cereali integrali, legumi, frutta fresca e frutta secca;
  • un elevato quantitativo di pesce
  • un moderato quantitativo di carne e si predilige la carne bianca alla carne rossa
  • evitare eccessivi zuccheri e grassi saturi
  • molta varietà, per integrare sostanze nutritive differenti

Riassumendo, una dieta varia, equilibrata e ricca di fibre migliora il microbiota, al contrario una dieta costituita prevalentemente da grassi e zuccheri e poco bilanciata può alterare il profilo microbico dell’intestino danneggiandolo.

Microbiota intestinale e farmaci

Farmaci e microbiota si influenzano a vicenda. Alcuni ricercatori hanno scoperto che i medicinali possono accumularsi nei batteri intestinali alterando la loro attività metabolica. È stato osservato che alcuni farmaci, come l’antidepressivo Duloxetina, alterano la composizione del microbiota. Questo farmaco, ad esempio, viene accumulato all’interno dei batteri intestinali ed in seguito provoca un aumento i livelli di Eubacterium rectale.

Anche in direzione opposta, i batteri dell’intestino possono inattivare alcuni farmaci o modificarne la struttura, specialmente quando vengono somministrati in misura spropositata, per cui questi perdono di efficacia in presenza di un certo ecosistema intestinale.

Gli antibiotici hanno lo scopo di prevenire la proliferazione di agenti patogeni batterici e di trattare le infezioni batteriche, sembra però che gli antibiotici possano anche alterare la composizione microbica intestinale.

Molto frequentemente essi attaccano anche batteri “buoni” presenti nel l’intestino e tra tutti i batteri intestinali i Bifidobatteri e i Lattobacilli sono i primi a subire drastiche riduzioni (tra questi i Bifidobatteri sembrano essere i più sensibili agli antibiotici).

L’effetto degli antibiotici sul microbiota intestinale varia al variare della molecola utilizzata, più specificatamente in base al suo spettro di azione: ristretto vs ampio, alla via di somministrazione, alla farmacocinetica ed alla farmacodinamica. Lo studio “Short-term effect of antibiotics on human gut microbiota” ha verificato che già dopo un singolo ciclo di antibiotici la biodiversità del microbiota intestinale si riduce del 25%.

Pertanto, gli antibiotici sono sicuramente essenziali per migliorare molte condizioni di salute, però allo stesso tempo possono anche causare una riduzione del numero di batteri commensali essenziali per un intestino sano.

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