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FAD asincrona con ECM gratis per psicologi e psicoterapeuti “Fare Psicoterapia, Essere Terapeuti”. Attribuiti 7 crediti ECM. Attivo il 13 settembre 2023, scadenza test ECM 6 settembre 2024.




PRESENTAZIONE

Che cosa vuol dire oggi fare psicoterapia e cosa significa essere terapeuti? Questo rapporto fra il fare e l’essere caratterizza da sempre la professione psicologica e psicoterapeutica, ma con lo sviluppo della nostra disciplina e dei diversi modelli d’intervento una riflessione sul ruolo terapeutico diventa sempre più essenziale.

La psicoterapia, infatti, è certamente un “fare”, dunque prevede l’utilizzo di tecniche, prassi e categorie interpretative che connotano l’azione del terapeuta. La psicoterapia, però, è anche un “essere”, un’identità professionale che può essere declinata con mille sfaccettature: è un essere nel contesto, un essere con l’altro, un essere per l’altro.

In questo evento, organizzato da FCP in collaborazione con Alpes Italia, verrà proposta una panoramica su cosa vuol dire fare psicoterapia ed essere terapeuti, approfondendo le qualità essenziali del clinico, le sue imperfezioni e i suoi limiti, ma anche il rapporto che la professione intrattiene con il mondo esterno, attraverso la lente della psicoterapia sociale, e con le altre discipline, come le neuroscienze



PROGRAMMA

  • La psicoterapia al tempo delle neuroscienze – Massimo Biondi

Psicoterapia e neuroscienze hanno un rapporto antico, fin dai tempi in cui Freud introducendo la psicanalisi sottolineava come essa avesse – per certo – aspetti e rapporti con strutture e funzioni del sistema nervoso. Egli però riconosceva che a quei tempi non vi erano le conoscenze e gli strumenti per approfondire e documentare questo rapporto. Introdusse questo suo convincimento di una visione neuroscientifica della psicoanalisi nel 1895 nel ‘Progetto di una psicologia per tentare di fondare lo strumento psicologico di intervento su base biologica oggi passate oltre 100 anni e considerando i grandi progressi che sono stati fatti in entrambi i campi, sia quello delle psicoterapie e più in generale delle terapie psicosociali tra i quali possiamo includere anche la riabilitazione psichiatrica, si può gettare più di un ponte tra il versante psicologico e quello biologico, anzi, addirittura con le conoscenze di questi ultimi anni più che di ponte si può parlare di compenetrazione o almeno di rapporti fitti e stretti.

Nella letteratura tecnica di riferimento del settore delle neuroscienze sono comparsi diversi contributi, ad esempio quelli più diretti sono gli studi che hanno mostrato come interventi psicoterapici abbiano correlati in circuiti neurali e centri che riguardano la sfera delle emozioni, delle aree cognitive, motorie, della memoria, della consapevolezza e autoconoscenza. Si è parlato di psicobiologia delle emozioni, di ‘neuropsicoanalisi’, di psicoterapia come ‘terapia epigenetica’, di ‘inter-brain’ (riferendosi al cervello del paziente e dello psicoterapeuta al lavoro insieme), varie sono le visioni e prospettive suggerite. 

Certamente siamo ancora agli inizi di una visione nuova e appassionante. Si intravede anche un altro aspetto, sempre più in evidenza, ovvero il fatto di come la psicoterapia abbia stretti rapporti con il corpo. Per certi versi, impegnati nella terapia e interventi ‘con la parola’ il corpo è stato spesso tenuto ‘fuori’ dalla relazione terapeuta paziente in psicologia e psichiatria, forse meno in riabilitazione psicosociale: qualunque clinico impegnato nel versante psicologico, psichiatrico, riabilitativo sa certamente come il corpo sia partecipe e coinvolto e come il lavoro corporeo spesso sia centrale per un miglior risultato dei trattamenti. Con intervento corporeo intendiamo tutte le attività che possono coinvolgere l’essere umano nella sua totalità quindi potremmo pensare all’attività fisica ad attività che coinvolgono il corpo nella musica nella recitazione in ambiti esterni dove si può realizzare una sincronia, utilizzando ancora la concezione antica – forse superata ma per noi familiare – di ‘mente e corpo’ di ‘unità mente-corpo’. 

  • L’essenziale in psicoterapia – Giuseppe Vinci

L’essenziale di ogni cosa è quella qualità, o proprietà, o caratteristica di qualcosa, senza la quale quella cosa non è più nominabile in quel modo. Qual è la qualità essenziale della psicoterapia, quella senza la quale essa non può definirsi tale? E una volta ipotizzata quella qualità essenziale, quali attitudini lo psicoterapeuta deve esercitare e sviluppare per definirsi competente?

Posto che la psicoterapia è essenzialmente la proprietà emergente di una relazione di alta qualità, l’essere competenti in essa si persegue e si sostanzia attraverso la coltivazione incessante, da parte del terapeuta, di tre attitudini: 1. Studiare, apprendere da chi ci ha preceduto, leggere e rileggere; 2. Vivere la complessità, cercare il senso, contemplare l’insensatezza; 3. Sentirsi limitati

  • Fare psicoterapia – Girolamo Lo Verso

Dopo molti anni di lavoro nella psicoterapia come clinico, accademico, studioso e formatore, sintetizzo qui alcuni punti, inevitabilmente stringati ed assertivi sull’oggi, come avvio dialogico. Nel nostro campo può essere usato il termine “curare”, riferendoci all’attenzione etica al paziente ed ai suoi problemi, nella consapevolezza che metodi, formazione ed obiettivi sono diversi da quelli della medicina.

Per ogni paziente va approfondita quale sia la terapia più adatta, ma anche quale sia lo psicoterapeuta giusto. Sempre più viene considerata rilevante la persona del terapeuta, anche nella ricerca empirica, sempre più interessata ai single case, ricollegandosi così in maniera moderna e più consapevole ai casi freudiani che hanno fondato la psicoterapia moderna. Nella consapevolezza che più di un secolo è passato e che vi è una molteplicità di orientamenti e di possibilità, oltre che di integrazioni, la psicoterapia psicodinamica, che meglio conosco, ha dei vantaggi, ad esempio l’attenzione alla cura del terapeuta, alla centralità della relazione, alla lunga durata, ma certamente essa non va bene per tutto. Ed in ogni caso oggi bisogna tener conto di ciò che hanno approfondito altri orientamenti, ad esempio, nella mia esperienza, quelli sistemici, psicosomatici, cognitivi. In ambito analitico, ma non solo, è diventato normale il lavoro con i gruppi, con le sue peculiarità metodologiche e formative. Infine, centrale è la esplicitazione consapevole della complessità di ogni set(ting) di lavoro, dei suoi limiti e possibilità, della necessità di adattarlo a quello specifico problema e a quel paziente. Sullo sfondo restano l’etica e la responsabilità della vita delle persone e l’adeguatezza quantitativa e qualitativa personale, relazionale e metodologica.

  • La Psicoterapia Sociale: il mondo che irrompe nella stanza della terapia – Luigi D’Elia

In questa lezione sarà proposta una nuova prospettiva formativa che sia inclusiva delle variabili sociali, in vista dell’acquisizione di una coscienza politica della professione. I presupposti da cui questo incontro prende le mosse sono la necessità di comprensione della aumentata variabilità patoplastica in relazione alle variabili sociali e la necessità di acquisizione di un nuovo campo osservativo, sinottico, grandangolare, longitudinale, in grado di realizzare nuove connessioni tra fenomenologie micro e macro.

Sarà inoltre proposta una focalizzazione sul campo socio-psichico del sistema-paziente, attraverso il superamento dell’individualismo e il rilancio del costrutto di localizzazione con conseguente revisione e depatologizzazione dei più comuni disagi psicologici. Infine, il docente proporrà una focalizzazione clinica sulla necessità di un lavoro “resistente” invece che unicamente “resiliente”.

  • Il terapeuta imperfetto: imparare dall’insuccesso nella pratica terapeutica – Simona Volpi

Parlare delle proprie esperienze professionali di insuccesso è una sfida che permette di superare eventuali minacce future alla propria autostima.
Togliere lo spettro delle paure e superare le difficoltà è possibile con semplici ma efficaci accorgimenti.
Promuovi, in te e negli altri, una tolleranza all’imperfezione e un’apertura a opportunità di crescita, come terapeuta e persona.

La relatrice proporrà un esame completo dei costrutti legati a ciò che definiamo insuccesso in terapia, offrendo suggerimenti specifici e uno spazio di riflessione riguardo ciò che può essere percepito come sbaglio, mancanza, errore per portare a una maggiore padronanza di aspetti non giudicabili.

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