la_speranza_che_abbiamo_di_durare

Romanzo La speranza che abbiamo di durare

di Emilio Masina (Emersioni)

Recensione a cura di Lidia Merolli

(Sito della Società Psicoanalitica Italiana)

La speranza che abbiamo di durare” è un racconto che trascina con apparente leggerezza nel complesso mondo delle relazioni analitiche e soprattutto nel difficile mondo della “persona” dell’analista e della sua professione.

La scrittura, a tratti autoironica, a volte “sfrontata”, affronta delicate tematiche legate al momento socioculturale in cui viviamo.

Cosa si può intendere con “durare”?

Forse la speranza di esistere e resistere nelle relazioni, la speranza riposta nel lavoro analitico.

Guardando l’immagine della copertina mi viene in mente anche la speranza che ciò che avviene nel corso di un’analisi tra due persone, prosegua nel tempo, anche quando sembra dimenticato o perduto.

Nel racconto di Emilio Masina, il protagonista è alle prese con il timore che il lavoro psicoanalitico rischi di finire per essere considerato scomodo, non al passo di una contemporaneità, dovendosi confrontare con un’etica in continua trasformazione.

Il vertice analitico corre il pericolo di essere accantonato, non durare e finire nella “rupe Tarpea” perché “inefficace”, non si allinea alla richiesta di terapie brevi con risultati tangibili, concreti, dettati dalla moda e dai tempi dei social media.

L’autore esplora, inoltre, il difficile tema della solitudine dell’analista che non può scambiare parola con alcuno nelle pause, è solo prima e dopo aver visto il paziente, solo con pensieri, preoccupazioni di ogni tipo che, a volte, affollano la sua mente, ”…c’è silenzio … guarda alla finestra…” (p. 9 ).

E alle prese con le proprie emozioni conduce il suo lavoro, cercando di far spazio, attraverso la complicata rete della sua esistenza, all’incontro con il paziente.

Nel racconto, il protagonista, catturato dalle proprie vicissitudini affettive e professionali, inciampa in una serie di collusioni con i pazienti, in dinamiche transferali che bruciano, difficili da cogliere e che inizialmente lo avvolgono in una coltre nebbiosa, una macchia cieca.

I lapsus, gli atti mancati e le fantasie, vengono narrati con una marca autoironica, forse volutamente eccessiva.

E in modo provocatorio, si arrovella su quale traiettoria identificatoria porti uno psicoanalista a sentirsi considerato e riconosciuto come tale all’interno della propria area istituzionale e soprattutto dentro di sé.

Quanto incidano le proprie doti personali, la passione, la storia individuale, o quanto invece si ritrovi alle prese con veri e propri enigmi che sfuggono alla comprensione e lo fanno sentire frustrato.

Il punto di forza di questo libro sta proprio nel coraggio di raccontare queste vicende scottanti e controverse, addentrandosi senza arretrare nella descrizione delle dinamiche transfert/controtransfert, anche lì dove si esprimono attraverso agiti.

Emilio Masina, in conclusione, ci propone di riflettere, attraverso l’inciampare e il ritrovarsi del protagonista, sul delicato intreccio tra il lavoro con i pazienti, il rapporto con l’istituzione e le vicende della vita privata, con la speranza che un vertice analitico aiuti a “resistere e durare.

Autore

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