bias cognitivi

I BIAS COGNITIVI INFLUENZANO LE FAKE NEWS E IL DEBUNKING

I bias cognitivi sono degli errori sistematici del pensiero, a cui tutti gli esseri umani sono soggetti in qualche misura, che influenzano il modo in cui percepiamo il mondo, elaboriamo e interpretiamo le informazioni e facciamo delle scelte. Essi sono automatici, involontari e per lo più inconsapevoli.

COSA SONO I BIAS COGNITIVI?

I bias cognitivi sono degli errori derivanti da un utilizzo inadeguato delle euristiche. Le euristiche sono delle scorciatoie mentali che permettono di costruirsi un’idea, effettuare una scelta, esprimere giudizi, giungere a conclusioni, ecc… senza troppi sforzi cognitivi, in presenza di situazioni in cui il soggetto ha risorse limitate o poco tempo a disposizione. Questi processi cognitivi agevolano la persona in determinate situazioni, ma quando viene fatto un uso improprio dell’euristica essa può portare a conseguenze negative, come la formazione di pregiudizi, la formazione di convinzioni errate sulla base di scarse o false informazioni, la scelta di alternative che non sono le più ottimali e vantaggiose, e così via.

I bias cognitivi possono essere determinati da una serie di fattori, tra cui le nostre esperienze passate, le emozioni, le credenze personali e gli schemi di pensiero acquisiti nel corso della vita.

Ne esistono numerose tipologie, ci sono bias che influenzano il modo in cui valutiamo le probabilità, facciamo inferenze, ricordiamo eventi passati, prendiamo decisioni, ecc… Ecco alcuni esempi dei bias più comuni.



I BIAS COGNITIVI PIU’ COMUNI

  • Bias di conferma: tendenza a ricordare, cercare e interpretare le informazioni in modo da confermare le proprie idee preesistenti.
  • Bias della disponibilità: tendenza a formare opinioni e giudizi solo sulla base delle informazioni più facilmente disponibili in memoria.
  • Bias dell’ancoraggio: tendenza a fissarsi o ancorarsi a una determinata informazione che viene poi usata come termine di paragone per valutare tutte le altre informazioni/opzioni.
  • Bias di rappresentatività: tendenza ad effettuare giudizi basati su schemi o stereotipi preesistenti, ci si sofferma sulle opzioni/informazioni più rappresentative.
  • Bias dell’ottimismo: tendenza a sopravvalutare la probabilità degli eventi positivi e a sottostimare la probabilità degli eventi negativi rispetto alla realtà oggettiva.
  • Bias dell’avversione alla perdita: tendenza a evitare le perdite piuttosto che cercare guadagni equivalenti, anche quando l’opzione è statisticamente la scelta più vantaggiosa.
  • Bias dell’affettività: tendenza a scegliere un’opzione piuttosto che un’altra sulla base di una valutazione affettiva, delle emozioni suscitate, piuttosto che su una valutazione razionale delle informazioni disponibili.
  • Bias della rappresentazione negativa: tendenza a prestare maggiore attenzione e ricordarsi con maggiore forza gli avvenimenti e gli elementi negativi.
  • Bias dello status quo: tendenza a mantenere le cose così come sono per paura del cambiamento.
  • Bias dell’overconfidence: tendenza a sopravvalutare le proprie abilità, competenze o probabilità di successo rispetto alla realtà.

Comprendere i bias cognitivi è importante perché possono portare a decisioni irrazionali o non informate e influenzare negativamente il nostro comportamento e le nostre interazioni con gli altri.

Essere consapevoli dei bias cognitivi può aiutare le persone a mitigare gli effetti di queste distorsioni cognitive, e di conseguenza aiutare a prendere decisioni più informate e migliorare la qualità del pensiero e del ragionamento.




COSA SONO LE FAKE NEWS E IL DEBUNKING?

Le fake news, in italiano tradotte come notizie false o bufale, sono delle informazioni false o fuorvianti che vengono divulgate attraverso i media allo scopo di produrre disinformazione.

I mezzi attraverso cui è possibile spargere false informazioni sono innumerevoli, dalle testate giornalistiche alla televisione, dai siti online ai social media.

Esse sono sempre esistite, sembra addirittura che circolassero fake news già nell’antica Grecia e nell’Antica Roma, ma con l’invenzione di Internet sono aumentate esponenzialmente e ne è stata anche molto agevolata la loro diffusione.

Esempi di fake news possono essere articoli riguardanti informazioni inventate, ingannevoli o distorte, rese pubbliche con il deliberato intento di disinformare, creare scandalo o attirare l’attenzione e guadagnare “click”.

Generalmente le fake news vengono diffuse in maniera intenzionale e premeditata, con uno scopo preciso, e in questo caso si parla di creare disinformazione. Alcune motivazioni possono essere ad esempio:

  • scopo di lucro: come nel caso di siti di web e giornali che inventano notizie accattivanti per ottenere maggiore visibilità e maggiore pubblico
  • manipolazione politica: fake news usate per influenzare l’opinione pubblica su questioni politiche o per danneggiare/encomiare un certo politico o gruppo politico
  • divertimento o scherzo: in alcuni casi le persone inventano fake news solo per un proprio divertimento o piacere personale, o anche per noia, o semplicemente per attirare l’attenzione su di sé.

Questi sono alcuni esempi, nonostante ciò, non sempre le fake news vengono divulgante intenzionalmente; infatti, capita molto spesso anche che esse vengano diffuse e condivise solo per ignoranza o incompetenza, e in questo caso si parla di misinformazione. Le persone potrebbero venire a conoscenza di alcune notizie fasulle e non essendo consapevoli della loro falsità, né avendo la competenza per valutarne l’affidabilità, potrebbero condividerle ingenuamente e agevolare la diffusione delle stesse.

Per difendersi dalle fake news è importante verificare la provenienza delle notizie e l’attendibilità delle fonti, dopodiché può essere utile valutare se la stessa notizia è stata diffusa anche da altre fonti che sappiamo essere attendibili e infine provare a riflettere in maniera critica riguardo a quanto letto o sentito e domandarci se non potrebbe essere una falsa notizia o quali potrebbero essere altri punti di vista a riguardo.

Il debunking, che si traduce in italiano con il termine “sfatare” o “smontare”, al contrario è proprio la pratica di mettere in dubbio, smentire e confutare notizie o affermazioni false.

Esistono persone o organizzazioni, ovvero i debunker, che per lavoro si occupano espressamente di combattere le fake news e la disinformazione. Per farlo naturalmente questi professionisti hanno specifiche competenze tecniche in materia e si avvalgono di precise strategie e procedure operative, di strumenti di controllo, possono anche rivolgersi ad esperti nei vari ambiti di cui si sta valutando la notizia (es. medicina, tecnologia, cambiamento climatico, ecc…), hanno contatti con varie imprese editoriali, eccetera…

In origine il debunking nacque soprattutto per dare maggiore attendibilità all’informazione scientifica e smentire tutte quelle credenze errate o pseudoteorie scientifiche che giravano tra la popolazione, ma oggi il debunking spazia attraverso numerosi campi: dalla politica, alle pubblicazioni scientifiche, all’ambiente, all’economia e finanza, allo sport e intrattenimento, e così via.



ESISTE UNA RELAZIONE TRA BIAS COGNITIVI, FAKE NEWS E DEBUNKING?

Abbiamo appurato che i bias possono influenzare la nostra capacità di valutare correttamente le informazioni e portarci a credere cose che potrebbero essere false, quindi anche portarci a credere alle fake news. Per questo, possiamo affermare che le fake news sfruttino e siano agevolate dai bias cognitivi. La relazione tra bias e debunking invece risiede nel fatto che il debunking spesso mira a correggere o mitigare gli effetti dei bias di giudizio e di scelta.

Quando le persone credono a informazioni errate a causa di bias cognitivi, il debunking può aiutare a ristabilire una visione più accurata della realtà fornendo loro informazioni corrette e presentando argomenti che sfidano le loro credenze distorte.

L’articolo di ricerca “The impact of cognitive biases on the believability of fake news” di French, Storey & Wallace, si pone 2 obiettivi:

1) capire quali bias supportino maggiormente le fake news,

2) individuare dei metodi per mitigare questi bias. Secondo l’articolo in questione, tra i vari bias responsabili della diffusione delle fake news troviamo il bias di conferma.

Questa ipotesi era già stata precedentemente supportata da diversi studi, i quali hanno dimostrato che più una nuova informazione è coerente con ciò che un individuo già presume essere vero, tanto più è probabile che le informazioni verranno accettate come vere, anche se false (Soon & Goh, 2018). 

Un altro bias che è stato individuato da questa ricerca è il bias dell’ancoraggio; infatti, i partecipanti sembravano credere a false notizie solo sulla base della fonte, che reputavano attendibile, o ancorandosi a poche informazioni presenti nel testo che riconoscevano essere vere, senza domandarsi se anche le altre effettivamente lo fossero. Infine, dai risultati emerge anche il bias dell’overconfidence, infatti guarda caso i partecipanti più sensibili alle fake news presentate erano anche quelli che hanno riportato di credere di avere l’abilità di identificare le false notizie solo leggendole, e piuttosto incolpavano gli altri della diffusione delle stesse perché “non usavano il loro cervello”.

Oltre all’effetto dei bias pare anche che le persone non facciano sforzi per andare a controllare la veridicità delle informazioni una volta lette, infatti nello studio di French, Storey & Wallace, 2/3 dei partecipanti ha riportato di non impegnarsi a verificare le informazioni prima di condividerle con altre persone. Nel momento in cui un individuo non vuole impegnarsi per controllare la veridicità di una notizia, deve per forza affidarsi alle proprie credenze, al proprio intuito e pensiero logico per capire se una notizia possa essere attendibile e decidere di condividerla. Il problema è che in questi casi intervengono i bias cognitivi e le persone tipicamente non sono consapevoli dei propri bias cognitivi (Lee et al., 2016), il che le può portare a commettere errori. 

Per evitare questo, non potendo controllare gli sforzi fatti dalle persone per verificare la veridicità delle news, si può piuttosto puntare sul mitigare gli effetti dei bias cognitivi, tramite diversi approcci proposti sempre nell’articolo “The impact of cognitive biases on the believability of fake news”. Ecco alcuni esempi:

  1. Siccome le persone si ancorano alle poche informazioni disponibili e basano il loro giudizio solo su quelle (bias di ancoraggio), potrebbe aiutare diffondere una vasta gamma di notizie su quel tema, trattando diversi punti di vista, in modo da permettere loro di elaborare altre prospettive (“consider-the-opposite-strategy”)
  1. Un’altra tecnica è quella di presentare diverse ipotesi concorrenti in uno stesso articolo, che richiedono al lettore di confutare le ipotesi per arrivare a una conclusione coerente e logica, anziché prendere un’informazione per vera senza basi. Questa tecnica va anche a stimolare il pensiero critico nelle persone.
  1. Un ulteriore metodo è quello di fornire etichette e avvisi (sia statici come semplici scritte, che dinamici come avvertimenti lampeggianti che attirino l’attenzione) del fatto che quell’articolo sia stato identificato da alcuni utenti come “notizia falsa”. Questo metodo però è applicabile solo per i siti online e i social, e necessita che vi siano dei “supervisori” che si occupino di segnalare questi aspetti.

Oppure è possibile cercare di contrastare le fake news in circolazione tramite il debunking, che va a smentirle. Quindi nel caso di una persona vittima del bias di conferma, che interpreta selettivamente le prove per supportare le proprie convinzioni preesistenti, il debunking potrebbe fornire prove o argomenti che contraddicono quelle credenze errate, aiutando così a correggere la percezione distorta della realtà. In sostanza, il debunking può essere considerato come uno strumento per contrastare i bias di giudizio e di scelta, aiutando le persone a prendere decisioni più informate e razionali.

Tuttavia, è importante notare che il debunking potrebbe non essere sempre efficace, poiché la ricerca ha scoperto che le correzioni di false informazioni raramente sono pienamente efficaci. Questo accade perché, nonostante ricevano una correzione e la riconoscano, le persone spesso continuano a fare parzialmente affidamento sulle prime informazioni ricevute, anche se sanno essere false. Questo effetto, dimostrato da numerosi studi, è conosciuto come BeliefEchoes o Continued Influence Effect (Soon & Goh, 2018). Pertanto, il debunking efficace richiede una comprensione approfondita dei bias cognitivi e di strategie mirate per affrontarli.

In conclusione,  le implicazioni sociali delle correlazioni bias-fake news e bias-debunking riguardano il fatto che la disinformazione può portare a giudizi e decisioni sbagliate su questioni personali, economiche e sociali, effetto che risulta essere persistente e difficile da correggere, per cui rendere le persone meno vulnerabili a questi fenomeni e cercare di ridurli è un importante obiettivo scientifico e di politica pubblica. 

BIBLIOGRAFIA

French, Storey & Wallace : “The impact of cognitive biases on the believability of fake news 

Soon & Goh, 2018 “Fake news, false information and more: countering human biases

Lee, Y. H., Dunbar, N. E., Miller, C. H., Lane, B. L., Jensen, M. L., Bessarabova, E., Burgoon, J. K.
Adame, B. J., Valacich, J. J., Adame, E. A., Bostwick, E., Piercy, C. W., Elizondo, J., & Wilson, S. N. (2016). Training anchoring and representativeness bias mitigation through a digital game. Simulation & Gaming



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