Franco Basaglia fu uno psichiatra e neurologo veneziano, nato l’ 11 marzo 1924 e morto il 29 agosto 1980, a cui va il merito di aver riformato la disciplina psichiatrica ed il sistema di assistenza e di cura della salute mentale in Italia.
Nacque a Venezia, secondogenito di una famiglia agiata con tre figli.
Si iscrisse alla facoltà di medicina dell’Università degli Studi di Padova nel 1943 e nello stesso periodo iniziò a frequentare anche un gruppo di studenti antifascisti; in seguito però venne denunciato da un amico e per questo venne arrestato e recluso in carcere per alcuni mesi, dove sperimentò in prima persona l’esperienza delle strutture detentive deumanizzanti, le cosiddette “istituzioni totali”.
Nel 1949 conseguì la laurea in medicina e nel 1953 si specializzò in “malattie nervose e mentali” presso la clinica neuropsichiatrica di Padova. Nello stesso anno sposò Franca Ongaro, con la quale ebbe due figli.
Nel 1958 divenne docente di psichiatria presso l’università di Padova, dove però non godeva di una buona reputazione tra i colleghi per via delle sue idee rivoluzionarie rispetto al clima di quel periodo. Per questo decise di abbandonare la sua carriera universitaria.
Durante la carriera universitaria scrisse numerose pubblicazioni scientifiche su argomenti inerenti alla psicosi ed altre malattie di ordine psichiatrico.
In questo periodo si avvicinò alla fenomenologia ed all’esistenzialismo studiando autori come Husserl e Heidegger.
Nel 1961 si trasferì a Gorizia per dirigere l’ospedale psichiatrico.
Impressionato dall’impatto di questa esperienza e dalla disumanità delle condizioni di vita degli internati cercò di introdurre una modalità di gestione dell’istituzione manicomiale basata sul modello della “comunità terapeutica”, riferendosi alle rivoluzionarie esperienze realizzate da Maxwell Jones a Dingleton in Scozia.
Nell’esperienza della “Comunità Terapeutica “ Maxwell Jones individuava come elemento essenziale del processo terapeutico attuato all’interno dell’istituzione psichiatrica lo stretto rapporto che si stabiliva fra il personale e gli internati i quali venivano invitati a partecipare attivamente alla ideazione, organizzazione e gestione delle attività della comunità, assumendo così un ruolo attivo nella organizzazione e nei processi decisionali che li riguardavano direttamente.
A Gorizia Basaglia iniziò così ad adottare nuove modalità di comunicazione e di gestione dei pazienti, eliminando gradualmente la contenzione fisica e gli elettroshock.
Si cominciò così a ridare importanza alle condizioni di vita dei pazienti alle loro necessità di dignità e rispetto della persona fisica e dei diritti personali, alla necessità di usufruire di momenti ricreativi come gite, feste laboratori artistici e di produrre un reddito attraverso il proprio lavoro.
Gradualmente le porte dei padiglioni interni e dell’ospedale psichiatrico furono aperte ed i pazienti poterono, anche se solo parzialmente, riprendere contatto con la loro città.
Nel 1968 Basaglia pubblicò il libro “L’istituzione negata, rapporto da un ospedale psichiatrico” il suo primo importante e rivoluzionario testo che mette in luce le incongruenze dell’istituzione psichiatrica.
Un altro fondamentale testo è quello pubblicato nel 1969 insieme alla moglie Franca Ongaro, “Morire di classe” , descrizione accurata e critica delle condizioni di vita all’interno dei manicomi.
Dopo avere incontrato numerose resistenze a livello politico dalla amministrazione locale di Gorizia, nel 1971 Basaglia ottenne l’incarico come direttore dell’ospedale psichiatrico di Trieste, nel quale ricominciò con la sua metodologia terapeutica.
Al suo arrivo a Trieste nell’Ospedale Psichiatrico Provinciale (OPP) erano ricoverate 1182 persone, 840 delle quali in regime coatto, una condizione ormai divenuta critica sotto tutti gli aspetti. L’amministrazione provinciale, guidata da Michele Zanetti, appoggiò da subito il progetto di superamento dell’istituzione manicomiale sostenendo la proposta di Basaglia di realizzazione di una rete di assistenza psichiatrica territoriale.
Nel 1973, per superare l’approccio “ergoterapico” che aveva caratterizzato molte altre istituzioni manicomiali, ossia il quotidiano sfruttamento lavorativo degli internati obbligati a lavorare per il mantenimento dell’istituzione, senza contratto e senza tutele e in cambio di miseri benefici, Basaglia realizzò la prima cooperativa operante in ambito istituzionale, la “Cooperativa Lavoratori Uniti”, con lo scopo di ridare dignità e diritti a quei lavoratori.
Questa esperienza avrà seguito nella costituzione di tutte quelle altre imprese di cooperazione sociale che ancora oggi si occupano di “inserimento lavorativo” con la finalità di un concreto reinserimento lavorativo delle persone seguite dai servizi territoriali di salute mentale o più in generale a rischio di emarginazione sociale
In pochi anni l’ospedale psichiatrico di Trieste diventò un modello per i servizi di salute mentale a cui guardava tutto il mondo e nel 1977 venne annunciata la sua chiusura entro l’anno, anche se in realtà questa avvenne un po’ più tardi.
Il 13 maggio 1978, grazie agli sforzi di Basaglia, venne approvata la legge 180 finalizzata alla regolamentazione dell’assistenza psichiatrica in Italia.
La legge 180 è una legge di riforma psichiatrica, conosciuta anche come “Legge Basaglia”, che prevede la chiusura dei manicomi e la loro sostituzione con una rete territoriale di servizi di salute mentale pubblici.
Nel 1979 , durante due importanti viaggi effettuati in Brasile e finalizzati a divulgare l’attività svolta per attuare la riforma psichiatrica, tenne una serie di conferenze che vennero successivamente raccolte nel volume “Conferenze brasiliane”
Nel novembre1979 lasciò la direzione di Trieste a Franco Rotelli e si trasferì a Roma per assumere l’incarico di coordinatore dei servizi psichiatrici della regione Lazio.
Da allora lo psichiatra Franco Rotelli fu prima direttore dell’Ospedale Psichiatrico e poi del Dipartimento di Salute Mentale fino al 1998, guidando l’attuazione della riforma del sistema di assistenza psichiatrica territoriale seguendo ed implementando la rivoluzione avviata da Franco Basaglia.
Nella primavera del 1980 Basaglia iniziò a manifestare i primi sintomi di tumore cerebrale a causa del quale morì alcuni mesi dopo.