stato mentale a rischio di psicosi

Che cosa si intende per “stato mentale a rischio di psicosi” ?

Il concetto di “stato mentale a rischio di psicosi” si è sviluppato a seguito di un ampio numero di ricerche svolte con l’obiettivo di identificare una ipotetica condizione prodromica allo sviluppo di uno sto psicotico.

Il linea generale identifica una condizione di vulnerabilità associata a una elevata probabilità di sviluppare un esordio psicotico in un periodo di 2-3 anni (circa il 30%).

Nella fase prodromica della psicosi i soggetti in condizione di vulnerabilità iniziano a manifestare delle alterazioni emotive, cognitive e del comportamento peculiari.

Uno studio condotto a Melbourne ha studiato se particolari fattori clinici potessero essere utilizzati per migliorare la predizione di coloro che avrebbero sviluppato un disturbo psicotico identificando quattro predittori clinici di transizione a psicosi: 

  • una combinazione di sintomi psicotici attenuati e rischio genetico;
  • una lunga durata di sintomi prima dell’inizio dello studio;
  • funzionamento sociale scarso;
  • scarsa attenzione.

L’obiettivo dell’individuazione precoce di stati di vulnerabilità è di predisporre degli interventi tempestivi che permettano di ridurre la gravità dell’esordio psicotico e minimizzare le complicanze che potrebbero derivare dalla psicosi non trattata.

La teoria stress-vulnerabilità

L’ eziopatogenesi dei disturbi psichici è attualmente spiegata attraverso il modello multifattoriale della teoria stress-vulnerabilità secondo cui la combinazione di vulnerabilità genetica e di fattori stressanti può causare l’insorgenza di disturbi psichici. 

Le disfunzioni organiche e biochimiche quindi “non sono sufficienti perché la malattia mentale si manifesti, ma è necessaria l’interazione di tali disfunzioni con fattori concomitanti di natura psicologica e ambientale” ((Falloon, 1992).

Questo approccio multifattoriale si colloca in quella che viene definito il “modello biopsicosociale” della eziopatogenesi dei disturbi mentali

Il modello biopsicosociale

Il modello biopsicosociale analizza tre differenti piani (biologico, psicologico e sociale) nella ricostruzione della genesi della malattia

  • La dimensione biologica rappresenta il substrato anatomico strutturale e funzionale alla base del disturbo;
  • La dimensione psicologica comprende i fattori psicodinamici e le esperienze, positive e traumatiche, più o meno precoci, che si intrecciano all’interno dello spazio emotivo di ogni individuo;
  • La dimensione sociale comprende gli aspetti familiari e socio-culturali che incidono sull’esperienza di malattia.


La sintomatologia psichiatrica o psicosomatica deve quindi essere analizzata in tutti i livelli di funzionamento della persona: biologico (funzioni Sistema Nervoso Centrale ed assetto genetico), psicologico (pensieri ed emozioni del soggetto) e socio-relazionale (comportamento ed aspettative del contesto culturale).

Principali fattori biologici, psicologici e sociali alla base della patogenesi dei disturbi mentali.

Fattori biologici

  • Alterazioni strutturali del Sistema Nervoso
  • Centrale (SNC): macroscopiche e microscopiche
  • Alterazioni funzionali del SNC: anomalie dei neurotrasmettitori o dei recettoriFattori genetici
  • Invecchiamento
  • Genere
  • Danni da patologie infettive precoci
  • Fattori perinatali
  • Endocrinopatie
  • Periodo post partum
  • Abuso di sostanze

Fattori psicologici

Relazione madre-neonato problematica
Ambiente familiare disturbato
Esperienze precoci di perdita o di separazione dalle figure genitoriali
Abuso fisico/sessuale
Eventi di vita avversi o stressanti
Lutto
Rottura relazione significativa
Pensionamento
Malattia, disabilità

Fattori sociali

  • Classe socio-economica
  • Urbanizzazione
  • Supporto sociale
  • Emigrazione
  • Convinzioni sulla malattia mentale

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