La cocaina: primi studi ed applicazioni
Articolo di Stefano Canali su Psicoattivo
Nella storia dell’uso delle foglie di coca non si trovano, eccetto che per il consumo coatto imposto agli indios dai conquistadores, testimonianze di abuso e di problemi di una certa rilevanza sociale (nella sanità e nell’ordine pubblico) connessi all’utilizzo della pianta peruviana. Tali problemi invece apparvero drammaticamente a partire dal 1860, quando Albert Nieman, un chimico di Göttingen, riusciva ad isolare l’alcaloide principale delle foglie di coca, la cocaina.
La disponibilità della cocaina in forma pura facilitò, però, anche le ricerche medico-scientifiche e l’impiego in clinica, soprattutto nel settore delle malattie mentali. La comunità scientifica, infatti, si interessò inizialmente soprattutto all’azione psicotropa della cocaina, tralasciando gli studi sulle sue proprietà analgesiche, che peraltro erano già state sfruttate in odontoiatria. Fiorirono così una serie di bizzarre proposte per l’utilizzo “razionale” del potente stimolante.
Alla fine degli anni Settanta in Francia si consigliava la somministrazione della cocaina agli operai per l’aumento della produzione nelle fabbriche. Negli Stati Uniti si usava curare l’esaurimento nervoso e persino la timidezza con dosi di cocaina. Il dottor W.H. Bentley, invece, nel 1878, suggeriva di utilizzare la cocaina per la disintossicazione dei morfinomani. La pratica del dottor Bentley trovava purtroppo vasta applicazione, soprattutto negli Stati Uniti, dove peraltro veniva estesa al recupero degli alcolisti, producendo infallibilmente nei pazienti la conversione della dipendenza dagli oppiacei (e dall’alcool) al farmaco stimolante. Agli inizi degli anni ’80, in Germania furono condotti inoltre studi sulle proprietà stimolanti ed anoressizzanti della cocaina somministrandola di nascosto ai soldati. Lo Stato Maggiore Tedesco sperava di trovare una sostanza in grado di migliorare il morale, l’efficienza e la resistenza delle truppe alla fatica e alla fame, in modo facile, sicuro e relativamente economico.
Freud e la cocaina
Queste stesse teorie e sperimentazioni erano ben conosciute e condivise da Sigmund Freud e lo spinsero a sperimentare gli effetti della cocaina su se stesso. Era il 1864. Il padre della psicoanalisi, allora giovane neurologo a Vienna afflitto da uno dei suoi ricorrenti stati depressivi, ricevette il campione di cocaina richiesto alla Merck, l’industria farmaceutica leader in quel periodo nella produzione della sostanza. Assunse quindi una dose di 50 milligrammi sciolta in un bicchiere d’acqua, pronto ad annotarne l’azione sul suo organismo e sulla sua coscienza. Così Freud la descrisse nel suo famoso saggio Sulla cocaina, pubblicato nel 1884: «una sensazione esilarante e di euforia durevole che non presenta nessuna differenza da quella di un individuo normale. Manca del tutto quel senso di eccitazione che accompagna di solito la stimolazione da alcool, come è del resto assente il tipico impulso all’azione immediata prodotta dall’alcool stesso. Anzi si avverte un aumento dell’autocontrollo e ci si sente più vigorosi e dotati di un’aumentata capacità di lavoro; d’altro canto, se ci si mette a lavorare non si percepisce quell’aumento dell’acutezza mentale che indicano l’alcool, il tè o il caffè. Si è semplicemente normali, e ben presto si stenta a credere di trovarsi sotto l’influsso di qualsivoglia sostanza. Si ha l’impressione che l’effetto prodotto dalla coacina, non sia tanto dovuto a un certo eccitamento diretto, quanto piuttosto al venir meno di alcuni fattori che hanno un’azione inibente sulla sensibilità generale».
Il medico cominciò da quella volta ad assumere regolarmente cocaina contro la depressione e i malesseri fisici che lo affliggevano. Il suo entusiasmo per il nuovo farmaco, la sua convinzione che esso non portasse, come la morfina, a fenomeni di dipendenza, lo indussero a fare proseliti. Spediva quindi un po’ di cocaina alla sua fidanzata, Marthe Bernays, per «rafforzarla e dare colorito alle sue guance». Consigliava poi il derivato delle foglie di coca ad un suo caro amico, il patologo Ernst Fleischl, divenuto morfinomane in seguito ad una lunga terapia del dolore. Raccontava a Marthe di come, usando la cocaina «per sciogliersi la lingua», era riuscito a ridurre la sua notevole timidezza.
La scoperta delle piscosi cocainiche
L’atteggiamento di Freud, purtroppo, sarebbe stato presto smentito da un dramma personale che lo toccò molto da vicino. Il suo amico Fleischl, infatti, che aveva trovato iniziale giovamento nella trattamento a base di cocaina, sviluppò una fortissima dipendenza al farmaco stimolante. Aveva bisogno di dosi eccezionali, cento volte superiori a quelle usate nei normali trattamenti, un grammo al giorno, che si autosomministrava per iniezione sottocutanea. Fleischl cominciava quindi ad avere spaventosi episodi paranoidei: allucinazioni e deliri che aveva sperimentato talvolta anche Freud e nei quali, terrorizzato ed impotente, si trovava a lottare contro i morsi e le aggressioni di miriadi di insetti sopra e sotto la pelle. I racconti delle angoscianti allucinazioni sensoriali di Fleischl costituiscono il primo resoconto di un sintomo classico del cocainismo, la zoopsia, eufemisticamente indicata come “sintomo delle bestioline”. I deliri di Fleischl divennero sempre più frequenti, sino a renderlo vittima di una delle prime forme documentate di psicosi cocainica.
La triste esperienza di Fleischl accomunò presto folte schiere di ex-morfinomani e nuovi drogati, facendo finalmente spegnere l’acritico entusiasmo della comunità medica. Emil Erlenmeyer, eminente medico e farmacologo tedesco accusava Freud di aver causato il «terzo flagello dell’umanità», dopo quello dell’alcool e della morfina. La grave denuncia di Erlenmeyer diminuì improvvisamente il prestigio che il giovane Freud si era guadagnato soprattutto con gli studi sulla cocaina. L’incontro di Freud con la cocaina tuttavia, secondo discutibilissime ipotesi avanzate da alcuni storici della psichiatria, avrebbe rappresentato un evento determinante nelle genesi e nello sviluppi delle teorie della psicoanalisi. Il riferimento alla cocaina, infatti, è presente in alcune delle più importanti analisi contenute nell’Interpretazione dei sogni. Secondo questi studiosi, inoltre, l’uso della cocaina, iniziato nello stesso periodo in cui Freud cominciò la sua autoanalisi, potrebbe aver favorito, attraverso il suo potere stimolante e di attivazione cerebrale, la “scoperta” dell’inconscio.
Articolo di Stefano Canali su Psicoattivo