La Rabbia dei nostri ragazzi
La rabbia normalmente è considerata come un’emozione negativa, ma non esistono emozioni positive o negative. Semplicemente le emozioni esistono ed hanno una funzione nella nostra vita.
“La rabbia è una risposta emotiva ad uno stimolo considerato dall’individuo come provocatorio, si attiva quando egli valuta un evento come un ostacolo al perseguimento di un proprio obiettivo, oppure quando ritiene di aver subito immeritatamente un torto o un danno” (Novaco 1975 – D’Urso, Trentin 2001).
I nostri figli provano più rabbia in due momenti della loro crescita: verso i due anni, ovvero quando escono dalla primissima infanzia e durante l’adolescenza. Sono le epoche in cui il bambino deve separarsi dai genitori e crearsi un sé indipendente, una propria personalità.
Contrariamente al mondo animale, ove quando la prole è in grado di sopravvivere da sola viene allontanata dal gruppo, nella nostra società le figure genitoriali non riescono a “liberare” i figli e devono essere quest’ultimi a provocare l’allontanamento.
Al bambino necessita la rabbia per staccarsi dai genitori e permette di crearsi un senso di identità proprio. Lo stesso meccanismo accade durante l’adolescenza, quando i ragazzi devono impegnarsi per diventare indipendenti dai genitori sotto tutti i punti di vista.
La rabbia è comunque un’emozione
Nella visione collettiva sta predominando il messaggio che le emozioni negative siano patologiche, per cui la tristezza diventa depressione, la rabbia disturbo oppositivo-provocatorio e così via.
Ma la rabbia di per sé, non è mai giusta o sbagliata: la risposta non è negare o reprimere la rabbia, ma imparare a tollerarla e gestirla senza attuare modalità disfunzionali autodistruttive
Talvolta non serve reprimere l’aggressività, ma bisogna rielaborarla. Cosa devono imparare i bambini? Vivere l’emozione, identificarla e comunicarla alla persona che l’ha scatenata e questo, spesso non viene fatto.
Insegnare ai ragazzi a gestire le emozioni significa, per prima cosa, dare il buon esempio. Quindi il primo lavoro da fare è su noi stessi. Gli adulti, per primi, dovrebbero imparare ad accettare le emozioni che provano, anche quelle spiacevoli, senza cercare di combatterle. In primo luogo perché è una battaglia persa e le emozioni soppresse torneranno.
Ok… Ma alla fine cosa devo fare?
- Attendere e ascoltare. Bisogna prendersi un po’ di tempo al fine di capire da cosa è dipesa la rabbia dei nostri figli. Quando si saranno “sbolliti”, sarà opportuno iniziare un sincero dialogo, facendo capire loro che in primis non vi è un processo alle intenzioni.
- Mettere da parte l’orgoglio. Certe volte la frase “Sono tuo padre ed esigo RISPETTO”, viene letta dal figlio come “Ah si? Adesso ti faccio vedere io!”, innescando un braccio di ferro che porterebbe solamente ad un ulteriore allontanamento dell’adolescente. I migliori risultati si possono ottenere lasciando una discreta tolleranza tra l’emozione che ha acceso la rabbia e la risposta educativa del genitore.
- Troppe regole sono deleterie. Citando il detto, “poche ma buone”. Le regole devono essere poche, ma chiare e tassative. Attenzione però a non concedere a priori, spinti dalla emotività genitoriale.