La prima causa evitabile di emissioni di CO2: l’industria del tabacco!
Sebbene la prevalenza del fumo sia diminuita nei Paesi ad alto reddito, il consumo globale di sigarette continua ad aumentare, in gran parte a causa della crescente diffusione del fumo da parte dei giovani nei Paesi in via di sviluppo (1).
Gli effetti del fumo sulla salute sono ormai ben conosciuti, tuttavia gli impatti del tabacco sull’ambiente sono meno divulgati.I processi di coltivazione, stagionatura, lavorazione, produzione e distribuzione del tabacco rappresentano una catena produttiva il cui impatto sull’ambiente è molto gravoso a partire dall’impoverimento del suolo. Infatti, le piante di tabacco assimilando quantità molto elevate di sostanze nutritive, impoveriscono notevolmente i terreni di coltivazione tanto che nei due anni successivi essi non possono essere riutilizzati, né per il tabacco che sarebbe di pessima qualità, né per grano o cereali. Quindi, per ottenere facilmente grandi e sistematiche coltivazioni di tabacco di qualità, si impiegano terreni preferibilmente vergini. Peraltro, confrontando l’impatto del tabacco rispetto ad altre colture è stato stimato che la produzione di una tonnellata di tabacco verde necessita di quasi 1300 mq di terreno agricolo, area che potrebbe consentire la produzione di circa 6 tonnellate di pomodori o quasi mezza tonnellata di grano in regioni adatte alla loro coltivazione. Discorso analogo vale per l’impatto idrico delle coltivazioni di tabacco: una tonnellata di tabacco necessita di circa 670 mc di acqua che è paragonabile a quella necessaria per ottenere una tonnellata di riso ed è da 5 a 8 volte maggiore di quella che occorrerebbe per una tonnellata di pomodori o di patate. Intanto, la coltivazione del tabacco si è ridotta nei Paesi ricchi ed è dislocata soprattutto in quelli più poveri, dove la fame e la sete sono spesso un problema grave. E per di più, vista la necessità di ottenere sempre nuovi terreni adatti alla coltivazione del tabacco, si calcola che ogni anno si abbattono circa 2 milioni e mezzo di ettari di foresta, cosa possibile sostanzialmente nei Paesi in via di sviluppo (Argentina, Brasile, Cina, India, Indonesia, Kyrgyzstan, Libano, Malawi e Zimbabwe) che sono sempre più sottoposti a sfruttamento. In altre parole, fumare sigarette significa letteralmente continuare a bruciare le risorse di questi Paesi e favorire lo sfruttamento del lavoro minorile (*).
Fig.: Libano del Sud (2012): madre e figli che sistemano le foglie di tabacco raccolte (infilzatura)
All’impoverimento del suolo, all’impatto idrico e alla deforestazione fa seguito l’uso di sostanze chimiche (pesticidi, fertilizzanti e antiparassitari) che vengono utilizzate in maniera massiva con pericolosi squilibri dell’ecosistema (aumento di zanzare, etc.) (**).Come si è detto, la produzione del tabacco determina anche l’abbattimento di ettari ed ettari di foreste sia per coltivare su terreni vergini, sia per avere legna da ardere utilizzata nel processo di essiccazione delle foglie di tabacco. Detta deforestazione rappresenta un serio fattore responsabile dell’aumento di anidride carbonica (CO2) in atmosfera, essendovi da un lato la riduzione di “polmone verde” che assorbirà meno CO2, e dall’altro l’immissione in atmosfera di CO2 prodotta dalla combustione del legname.Peraltro, l’aumento di CO2 in atmosfera, a seguito delle attività antropiche, rende più spesse le foglie e le foglie ispessite dalla CO2 sequestrano meno carbonio atmosferico con conseguente compromissione della fotosintesi clorofilliana. Anche per questo motivo si riduce il rendimento del nostro “polmone verde”.
Il consumo di sigarette e lo smaltimento delle stesse, anche se attraverso termovalorizzatori, comporta altra produzione di gas di serra (il cui componente principale è l’anidride carbonica). Tuttavia, se come avviene nella maggior parte dei casi, i mozziconi di sigaretta vengono dispersi nell’ambiente (a terra o nel water) si determinano gravi danni all’ecosistema principalmente a causa del materiale di cui è formato il filtro, l’acetato di cellulosa che richiede decenni per decomporsi, mentre le sostanze tossiche in esso contenute possono compromettere la capacità di crescita delle piante. Non meno importante è il problema degli incendi che spesso partono da un semplice mozzicone abbandonato e i risultati sono devastanti specie nei mesi estivi. Gli incendi, in effetti, contribuiscono alla liberazione in atmosfera di gas serra e di tante altre sostanze più o meno tossiche e cancerogene (particolato, idrocarburi complessi (compresi gli idrocarburi policiclici aromatici) e gas irritanti).Comunque a prescindere dalla produzione di gas serra derivante da incendi causati da mozziconi di sigaretta, il rapporto dell’Imperial College di Londra presentato nel 2018 alla Conferenza sulla convenzione quadro dell’Oms per il Controllo del Tabacco (FCTC), attribuisce al settore del tabacco la responsabilità dell’emissione di oltre 80 milioni di tonnellate di CO2 equivalente all’anno, tra coltivazione, stagionatura, lavorazione e manifattura. La CO2 equivalente (CO2eq) rappresenta la misura che esprime l’impatto (in termini di riscaldamento globale) di tutti i gas serra equiparati alla CO2 secondo definite tabelle di conversione.Dunque, se volessimo paragonare l’impatto ambientale della sigaretta in termini di emissioni di gas serra, si può affermare che fumare una sola sigaretta equivale ad emettere 14 grammi di CO2 equivalente (2). Pertanto, nell’arco di una vita intera, un fumatore che fuma 1 pacchetto di sigarette al giorno per 50 anni contribuisce ad emettere in atmosfera 5,1 tonnellate di CO2eq.Nella seguente immagine si dà l’idea di quanto può essere visivamente una tonnellata di CO2.
Il patrimonio forestale va preservato con leggi rigorose perché non solo assorbe le emissioni di CO2 legate alle attività umane, ma costituisce una vera e propria riserva di carbonio, in quanto tale elemento è fissato nei tessuti vegetali (legno, foglie, etc.).
Concretamente 1 mc di legno pesa mediamente 500 kg ed è composto per il 50% da carbonio (C) e quindi contiene 250 kg di C. Se il C viene convertito in CO2 (ossidato), da 1 kg di C derivano circa 3,67 kg di CO2. Per cui 250 kg di C generano 917 kg di CO2. In altre parole 1 mc di legno imprigiona 1 tonnellata di CO2 che verrebbe liberato in caso di combustione.
A questo punto possiamo renderci conto di quanto è importante preservare il nostro patrimonio forestale attraverso una coltivazione sostenibile, cioè rimuovendo alberi malati che imputridendo rilasciano CO2, evitando la deforestazione per far spazio a coltivazioni di tabacco, ma soprattutto contrastando gli incendi.Il legno che viene utilizzato per materiali da costruzione deve essere immaginato come un serbatoio di CO2 che viene spostato dalla foresta nelle nostre case; per cui sarebbe auspicabile utilizzarlo il maggior tempo possibile come materiale e il più tardi possibile come fonte energetica e quindi come combustibile.Tante solo le emissioni riducibili di CO2, poche sono quelle evitabili, prima fra tutte è quella associata al consumo di tabacco.
Volendo ora prendere in considerazione solo i pazienti che ad oggi hanno smesso di fumare presso il Centro Antifumo Quit di Aversa, si può dire che la loro cessazione in termini di sostenibilità ambientale corrisponderebbe al risparmio di circa 250 tonnellate di CO2eq pari ad un quantitativo di CO2eq prodotto da 166 auto a benzina in attività per un anno (con media annuale di 11400 km). Dunque, un motivo in più per smettere di fumare, una motivazione ecologica che può aiutare a contrastare il riscaldamento globale del pianeta!
1. Tobacco Control and Tobacco farming, Separating Myth from Reality. Edition: 1 Chapter: 6 Publisher: Anthem Press Editors: Wardie Leppan, Natacha Lecours, David Buckles – Sep. 2014.2. Maria Zafeiridou, Nicholas S Hopkinson, and Nikolaos Voulvoulis: Cigarette Smoking: An Assessment of Tobacco’s Global Environmental Footprint Across Its Entire Supply Chain. Environ. Sci. Technol. 2018, 52, 15, 8087–8094.
autore Guglielmo Lauro