Dislessia

L’acquisizione del linguaggio scritto ha consentito ai popoli antichi la creazione di un eccezionale strumento in grado di modificare in maniera efficace e sostanziale, gli elementi fondanti della loro società.

Grazie all’introduzione di questo strumento, ovvero la scrittura, è stato possibile mettere per iscritto atti, codificare regolamenti, leggi e trasmettere alle generazioni successive documenti sacri o testi. Sappiamo che, i processi di acquisizione del linguaggio scritto sono molto differenti rispetto a quelli che consentono l’acquisizione del linguaggio orale, sia di tipo filogenetico che ontogenetico.

L’acquisizione del linguaggio orale avviene nel corso dello sviluppo cognitivo in maniera automatica, in una fase precoce dello sviluppo infantile, attraverso delle lunghe tappe ordinate e ben distribuite.

Tutto ciò sta a significare che, il linguaggio orale ha una funzione importante e che la sua acquisizione avviene lungo un percorso neuro-funzionale predeterminato geneticamente.



In base alla nostra esperienza, possiamo dedurre che, il linguaggio scritto invece non si fonda su una predisposizione genetica; infatti, basta pensare al fatto che l’invenzione della scrittura risale a non più di 6.000 anni fa, che è un tempo brevissimo per l’evoluzione naturale, e che la maggior parte delle popolazioni umane ha visto l’alfabetizzazione in forma estesa solo nel corso degli ultimi due secoli.

Quindi il linguaggio scritto, a differenza del linguaggio orale, non è acquisito in modo passivo e automatico, ma è volontario e prevede un codice molto più laborioso.

A riprova di quanto detto, sappiamo che ad esempio un bambino che proviene da una cultura in cui non è mai stato esposto al linguaggio scritto, impara a leggere e a scrivere allo stesso modo di un bambino che vi è stato esposto.

Questi, ritroverà le potenziali identiche difficoltà di un bambino che appartiene ad una popolazione in cui il linguaggio scritto è conosciuto da molto più tempo.

Cos’è la Dislessia

Il primo a identificare un disturbo dell’apprendimento fu il medico tedesco Oswald Berkhan nel 1881.

Solo sei anni dopo, a Stoccarda, viene introdotto il termine dislessia da Rudolf Berlin, un oculista. Parlò di dislessia riferendosi a un ragazzo che mostrava difficoltà nella lettura e nella scrittura pur avendo buone capacità cognitive e uno sviluppo psicomotorio nella norma.

In Italia la conoscenza della dislessia è progredita in maniera più lenta, ed è soltanto infatti da circa trent’anni che alcuni centri hanno cominciato ad occuparsene. Il maggiore interesse mostrato da esperti, genitori ed insegnanti ha portato nel 1997 alla nascita dell’Associazione italiana Dislessia (AID).

Oltre a questa in Italia sono presenti alcune società scientifiche come la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza(SIPIA) che riunisce i medici specialisti e che ha per scopo lo sviluppo della ricerca e la promozione dell’aggiornamento culturale nell’ambito della prevenzione, diagnosi cura e riabilitazione di tutti i disordini del neurosviluppo del bambino e delle sue varie linee di espressione, quindi: psicomotoria linguistica, cognitiva, intellettiva e relazionale.

La dislessia fa parte dei disturbi specifici di apprendimento (DSA) che sono caratterizzati dalla difficoltà persistente nell’apprendere le abilità di lettura, scrittura e calcolo nonostante si abbia un’intelligenza normale e non vi siano problemi ambientali didattici o deficit sensoriali.

La dislessia nello specifico è definita come un disturbo dello sviluppo che porta alla compromissione in modo selettivo e più o meno severo della capacità di leggere.




L’ipotesi più accreditata alla base della dislessia prevede che vi sia un deficit nel linguaggio e nell’analisi fonologica.

Secondo i criteri diagnostici del DSM 5 i bambini con dislessia possono leggere in modo impreciso con molti errori, spesso in maniera poca poco fluida, con lentezza e possono manifestare difficoltà nella comprensione del testo letto non cogliendone le relazioni logiche o i passaggi interni e i significati più impliciti. Questi, mostrano difficoltà nella compitazione, ovvero nello spelling, cioè individuare le singole lettere delle parole, o possono aggiungere, omettere o sostituire vocali e consonanti.

I bambini con dislessia presentano una marcata o ridotta automatizzazione nell’uso di codici della lettura con una conseguente difficoltà nel decodificare i testi.

Tutto ciò rende il compito di apprendimento delle letture della scrittura molto più complesso e può portare a difficoltà associate al calcolo.

Una caratteristica rilevante della dislessia di tipo evolutivo è la comorbidità, ovvero la compresenza di altre condizioni (disturbi psicopatologici).

Si può osservare appunto comorbilità con altri disturbi specifici di apprendimento come, ad esempio, la disortografia e la discalculia.

Va ricordato che è possibile effettuare la diagnosi per disortografia solo dalla fine della seconda classe della scuola primaria.

I bambini disortografici producono spesso dei testi eccessivamente brevi, sintetici, scarsamente organizzati con collegamenti temporali non sempre appropriati.

Caratteristiche tipiche della dislessia

  • lentezza nell’associazione tra lettera e suono
  • apprendimento più immediato attraverso altri canali che non siano la lettura (ad esempio videomodeling)
  • scambio di lettere simili (ad esempio m/n, v/f, b/d, a/e)
  • difficoltà nel separare la parola in suoni e a ricostruire la parola dai suoni
  • rendimento più in basso soprattutto nelle prove di scrittura in base all’intelligenza e alla curiosità mostrata
  • prove ripetizione errate delle parole lunghe
  • difficoltà a leggere parole isolate (non all’interno di una frase)
  • la lettura dei testi è lenta e poco fluente
  • difficoltà nel verbalizzare i pensieri
  • fatica a comprendere i testi
  • le parole o le lettere scritte sembrano muoversi durante la lettura
  • fatica nel leggere l’ora da un orologio con le lancette
  • mostra difficoltà nel vestirsi, nell’allacciarsi le scarpe e in molti altri compiti che richiedono abilità di motricità fine
  • fatica a indicare la destra e la sinistra
  • difficoltà nel contare le sillabe di una parola
  • inverte lettere e numeri (ad esempio “li” al posto di “il” oppure “16” al posto di “61”)

Criteri diagnostici e inquadramento clinico

Secondo il DSM- 5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), i disturbi specifici di apprendimento (DSA) rappresentano un quadro clinico caratterizzato dalla “persistente difficoltà di apprendimento delle abilità scolastiche chiave per almeno 6 mesi tra lettura delle parole lenta o imprecisa e faticosa, difficoltà nella comprensione del significato di ciò che viene letto, difficoltà nello spelling, difficoltà con l’espressione scritta, difficoltà nel padroneggiare il concetto di numero, i dati numerici o il calcolo, difficoltà nel ragionamento matematico”.

Nell’ICD-10 (ICD, dall’inglese “International Classification of Diseases”) i Disturbi Specifici dell’Apprendimento sono definiti con il termine “Disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche”, e comprendono tutti i disturbi in cui le normali abilità di acquisizione delle capacità di apprendimento risultano alterate già dalle precoci fasi dello sviluppo.

Negli adulti, è riscontrabile una difficoltà persistente nel leggere e nello scrivere o nelle abilità di calcolo.

Le abilità scolastiche sono inferiori a quelle attese in base all’ età e sono causa successivamente di basso rendimento sociale o lavorativo.

Le criticità negli apprendimenti incominciano nel corso degli anni scolastici e non influenzano solo le abilità scolastiche di base ma possono ostacolare la comprensione di altre materie; quindi queste problematiche sono direttamente riconducibili alle difficoltà di apprendimento delle abilità scolastiche sottostanti e di strategie di problem solving.

La prevalenza dei disturbi specifici di apprendimento (DSA) negli adulti sembra essere del 4%. La prevalenza tra i bambini in età scolare nell’ambito di lettura, scrittura e calcolo è pari al 5-15%.



Quali forme di DSA sono riconosciuti dalla Legge?

I disturbi specifici di apprendimento (DSA) si distinguono in:

  • Dislessia (Disturbo Specifico della Lettura): consiste in una compromissione dell’abilità di lettura (accuratezza nella lettura delle parole e non parole, nella velocità o fluenza della lettura e comprensione del testo);
  • Disgrafia (Disturbo Specifico della Scrittura nella componente ortografica), (Disturbo Specifico della Scrittura nella realizzazione grafica): deficit nell’espressione scritta, nell’accuratezza di scrittura, nello spelling, nella grammatica e nella punteggiatura;
  • Discalculia (Disturbo Specifico del Calcolo) Abilità di calcolo compromesso (concetto di numero, memorizzazione di fatti aritmetici, calcolo accurato o fluente, ragionamento matematico).

Queste condizioni si manifestano con differenti gradi di gravità:

  • lieve
  • moderata
  • grave

Le difficoltà di apprendimento osservate sono definite “specifiche” ovvero non attribuibili a: disabilità intellettive, a ritardo mentale, a disturbi dovuti ad organo di senso, o a disturbi neurologici o motori.

Diagnosi dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento

La diagnosi di DSA è per legge un’attività istitutiva dello Psicologo (L.56/1989) ed è un atto tipico della professione.

Effettuare diagnosi è fondamentale ai fini dell’utilizzazione delle misure dispensative e degli strumenti compensativi previsti dalla L.170/2010, questa deve essere anche certificata. Sul territorio nazionale, tutti i servizi pubblici sono autorizzati nel rilasciare certificazioni, a differenza delle realtà private che devono procedere attraverso eventuale accreditamento per poter rilasciare certificazioni (le modalità variano di regione in regione).

Il lavoro con il DSA deve essere multidisciplinare e deve essere fedele alle Linee guida, alle Consensus Conference dell’Istituto Superiore di Sanità e alle indicazioni dell’Accordo Stato-Regioni (24/07/2012).

Quale trattamento per la dislessia?

Quando viene accertata una condizione di dislessia utenti (pazienti e genitori) e clinici sono d’accordo sul fatto che bisogna da subito utilizzare strumenti compensativi e dispensativi per favorire l’apprendimento scolastico. Tali indicazioni sono regolamentate dalle linee guida del decreto attuativo della legge 170.

Tra i trattamenti che si sono dimostrati efficaci in letteratura, possiamo menzionare i trattamenti incentrati sulle abilità metacognitive.

Un training mirato atto a stimolare le aree cerebrali ipoattive apporta miglioramenti stabili e duraturi. Va evitato ad esempio l’accanimento verso la lettura ad alta voce, ma è opportuno optare verso altre modalità quali ad esempio la lettura a mente, individuare parole chiave ovvero strategie per accedere al significato del testo. Poiché la dislessia è un disturbo di origine neurobiologica, il suo trattamento va svolto da figure altamente specializzate, che valutano e seguiranno il bambino con dislessia in follow up.



Dislessia acquisita

È doveroso porre una distinzione tra dislessia evolutiva, trattata in precedenza, e dislessie acquisite.

Già Lichtheime aveva inserito lettura e scrittura in un modello di elaborazione del linguaggio e dei relativi disturbi.

Però grazie al neurologo francese Dejerine si è sviluppato il più importante modello neuropsicologico dell’elaborazione delle letture e della scrittura sulla base dell’osservazione di due pazienti affetti da deficit isolati del linguaggio scritto. Sulla base di queste osservazioni, il neurologo formulò un diagramma anatomo-funzionale del linguaggio scritto. Per tale modello l’ipotesi sottostante prevede che tanto la lettura quanto la scrittura di parole richiedono l’accesso a conoscenza visive ortografiche depositate a livello del giro angolare sinistro.

Questo modello è stato utilizzato in maniera sostanzialmente immutata fino agli anni ’60 del XX secolo per descrivere e interpretare deficit acquisiti di letture e scrittura in seguito alle sue cerebrali.

Fatte queste premesse viene da sé considerare necessario un modello delle operazioni mentali che sottendono le abilità di lettura di un soggetto alfabetizzato che deve includere due distinte vie: una via di elaborazione (procedura sub lessicale) e una procedura lessicale, quindi avremo la via di elaborazione sub lessicale che si fonda sull’applicazione di regole di conversione grafema/fonema e che necessita dell’utilizzo di tre subunità di elaborazione: un primo livello di analisi visiva ortografica, un successivo processo di conversione ortografico fonologica sequenziale.

La serie di fonemi generata è inviata al buffer fonologico di uscita, che è un magazzino di memoria di lavoro responsabile dell’assemblaggio della stringa fonologica generata e invia al sistema di programmazione motoria articolatoria nel caso di lettura ad alta voce.

La procedura sub lessicale permette la lettura di parole irregolari, di stringhe ortografiche non lessicali, e se utilizzata per leggere parole irregolari, porta alla loro regolarizzazione.

Poi, vi è la via di lettura lessicale che, si fonda invece su due magazzini che contengono le conoscenze ortografiche e fonologiche delle parole già note e quindi le parole scritte percepite sono confrontate con le conoscenze ortografiche visive acquisite precedentemente che sono poi depositate a livello del lessico ortografico di entrata. Ciò provoca l’attivazione delle corrispondenti conoscenze del sistema semantico-concettuale; l’attivazione diffonde alle rispettive conoscenze lessicali fonologiche depositate a livello del lessico fonologico d’ uscita e da lì al buffer fonologico d’uscita.

La psicologia cognitivista differenzia i disturbi acquisiti ponendo una distinzione tra dislessia e centrali e dislessie periferiche. Le prime conseguono a un danno dell’una o dell’altra via di lettura e delle rispettive componenti funzionali.

Le forme periferiche invece sono un disturbo dell’analisi visiva e delle sub componenti di questo livello di elaborazione.

Dislessia

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Dislessie centrali

Fanno parte della dislessia centrale la dislessia fonologica e la dislessia superficiale.

La Dislessia fonologica si ha quando un danno della procedura di conversione grafema fonema determina un deficit di lettura. Se invece il danno interessa l’elaborazione lungo la via lessicale si avrà un deficit di lettura denominato dislessia superficiale.

Nel caso della dislessia fonologica il deficit è prevalente per la lettura di non parole e vi è un risparmio della lettura di parole regolari e irregolari.

In caso di dislessia superficiale il deficit di lettura è coinvolgere le parole irregolari, lasciando relativamente intatta la lettura di parole regolari e non parole.

La dislessia fonologica è generalmente associata a un disturbo afasico non fluente, la dislessia superficiale a un disturbo afasico fluente. Appartiene alla dislessia centrale anche la dislessia profonda.

In questo caso avremo delle caratteristiche molto simili a quelle della dislessia fonologica.

Dislessie periferiche o dislessia lettera per lettera

Le persone con questo tipo di dislessia hanno un disturbo precoce di identificazione delle lettere che rende quindi impossibile la lettura sia lungo la via lessicale sia lungo la via sub lessicale.

I modelli cognitivi a due vie hanno permesso di rendere più specifico il trattamento di disturbi della lettura e/o della scrittura e di scegliere tra procedure lessicali o sub lessicali di trattamento in base alla via prevalentemente compromessa nel paziente.

Per quanto riguarda la lingua italiana, data la regolarità dell’ortografia è più conveniente rieducare inizialmente la procedura sub lessicale.

Il ricorso a una serie di valutazioni cognitive permette di monitorare l’evoluzione del disturbo e della rispettiva terapia e di verificarne quindi l’efficacia del trattamento svolto.

Psicologia dello sviluppo e dell’educazione



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