I cambiamenti strutturali e funzionali del cervello legati all’invecchiamento includono atrofia cerebrale, alterazioni della sostanza bianca e cambiamenti vascolari.
Questi processi diventano più pronunciati in presenza di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, dove si osservano riduzioni significative del volume cerebrale e un calo dell’efficienza dei neurotrasmettitori. Tali modifiche compromettono la trasmissione sinaptica e l’integrità neuronale, contribuendo al progressivo declino cognitivo, con conseguenze funzionali evidenti che possono essere misurate attraverso tecniche avanzate di neuroimaging.
I cambiamenti che si verificano durante la senescenza umana colpiscono tutti i sistemi di organi, compreso il cervello. Fattori come lo stress ossidativo , la ridotta funzione mitocondriale, la neuro- infiammazione ed una ridotta funzione immunitaria contribuiscono ai cambiamenti della struttura e della funzione del cervello che, associati all’avanzare dell’età, innescano il fenomeno del declino cognitivo.
Secondo la definizione dell’associazione americana degli psichiatri (APA, 1987, pag. 103 – 104)
“la demenza o decadimento cognitivo cronico-progressivo è una malattia del cervello che comporta la compromissione delle funzioni cognitive tale da pregiudicare la possibilità di una vita in autonomia. Ai sintomi cognitivi si associano quasi sempre alterazioni della personalità e del comportamento che variano come entità da individuo a individuo. Inoltre è presente una progressiva alterazione dello stato funzionale”.
Da questa definizione, anche se un po’ datata, si può comprendere come il decadimento cognitivo abbia una natura progressiva, i sintomi peggiorano con una velocità che può variare da caso a caso giungendo ad una condizione di totale dipendenza.
È stato dimostrato che numerosi fattori influiscono su questo processo, tra cui la metilazione , l’aumento dipendente dall’età delle delezioni del DNA e la ridotta capacità di riparazione del DNA . Tali fattori sono collegati a disturbi cerebrali e neuro – degenerativi, tra cui il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson, il disturbo neurocognitivo associato all’HIV, l’ictus e la schizofrenia.
I cambiamenti cerebrali più consistenti che si verificano con l’età avanzata sono: atrofia, cambiamenti cerebrovascolari, cambiamenti neuronali, assonali e dei neurotrasmettitori; aumento del numero di placche amiloidi (AP) e dei grovigli neurofibrillari (NFT) nel cervello.
Inoltre, negli ultimi tre decenni, sono stati evidenziati ulteriori cambiamenti strutturali e funzionali del cervello attraverso tecniche di neuroimaging e spettroscopia. Si riassumono brevemente i suddetti cambiamenti osservati in misura maggiore nei soggetti con malattie neurodegenerative, ma che interessano anche molti anziani senza un significativo declino cognitivo o funzionale.
• Atrofia cerebrale. Il restringimento del cervello è tipico nei soggetti in età avanzata per i quali, anche in assenza di malattia degenerativa dei neuroni, si verifica una perdita di volume corticale e sottocorticale, sebbene non tutte le aree cerebrali mostrino lo stesso grado di atrofia. La corteccia prefrontale e l’ippocampo tendono a mostrare la maggiore atrofia, ma studi di risonanza magnetica (MRI) sempre più sensibili hanno dimostrato che molte regioni del cervello mostrano una perdita di volume associata all’età. Si verifica anche l’allargamento dei ventricoli cerebrali e in larga misura è parallelo all’atrofia corticale e sottocorticale.
• Cambiamenti della sostanza bianca. La riduzione del volume della sostanza bianca del cervello può riflettere una riduzione del numero e della lunghezza dei tratti di sostanza bianca esistenti, la connettività dei tratti o una riduzione dell’integrità della sostanza bianca stessa. Si verifica anche un aumento del numero di piccole lesioni nelle aree della sostanza bianca, che è spesso legato a fattori cerebrovascolari. La mielina degenera con l’avanzare dell’età, con rotture contenenti citoplasma con formazione anche di perturbazioni (es. formazioni a palloncino). Ci può anche essere un’eccessiva mielinizzazione in alcune aree a causa di esuberi. Queste alterazioni portano a una riduzione della velocità di conduzione che alla fine influisce sul flusso di informazioni e sulla funzione cognitiva. La perdita di fibre nervose dalla sostanza bianca corticale può essere collegata a questi meccanismi della mielina.
• Cambiamenti cerebrovascolari/emodinamici. Il verificarsi di iperintensità della sostanza bianca nella risonanza magnetica e i risultati di un numero maggiore di infarti di piccoli vasi in età avanzata forniscono evidenza di cambiamenti cerebrovascolari ed emodinamici sottostanti. L’esame diretto della vascolarizzazione del cervello e la valutazione indiretta tramite neuroimaging tendono a mostrare il restringimento dei vasi nel corso degli anni, insieme all’irrigidimento e all’ispessimento delle pareti dei vascolari. Questi cambiamenti sono associati a una maggiore prevalenza di piccoli infarti, comprese le lesioni della sostanza bianca. Inoltre, in età più avanzata, la crescita di nuovi capillari diminuisce, riducendo l’afflusso di sangue nelle aree spartiacque.
• Cambiamenti neuronali e sinaptici. Nei soggetti affetti da malattie neurodegenerative come l’Alzheimer (AD), si verifica una perdita significativa di neuroni corticali. Per molto tempo si è creduto che un simile declino neuronale fosse parte integrante del normale processo di invecchiamento. Tuttavia, recenti studi condotti su uomini anziani e primati hanno dimostrato il contrario: in assenza di patologie neurodegenerative, non si osserva una perdita neuronale significativa con il progredire dell’età. I neuroni, però, subiscono modificazioni strutturali e funzionali che portano a una riduzione del volume corticale. In particolare, si registra un assottigliamento del primo strato corticale (quello superficiale), accompagnato da una lieve perdita sinaptica e da una riduzione più marcata della complessità sinaptica, soprattutto nelle aree frontali. Parallelamente, si osserva anche una diminuzione del tasso di neurogenesi, sebbene vi sia ancora dibattito su quanto questo fenomeno incida effettivamente sulla funzionalità cerebrale.
• Alterazioni microgliali e astrocitarie. Sia la microglia che gli astrociti tendono a contenere quantità maggiori di cellule fagocitate. La perdita di sostanza bianca, associata alla rottura delle guaine mieliniche e alle alterazioni degli oligodendrociti, possono corrispondere a un aumento della neuro-infiammazione e dello stress ossidativo delle cellule.
• Segnalazioni dei neurotrasmettitori. La maggior parte dei neurotrasmettitori (ad esempio, dopamina, norepinefrina, acetilcolina) mostra riduzioni e alterazioni legati all’età che influiscono sulle funzioni cognitive. Di particolare rilevanza si segnalano i cambiamenti nel glutammato e nell’acido gamma aminobutirrico (GABA) che svolgono un ruolo importante nella plasticità sinaptica. Sono state dimostrate riduzioni del GABA, misurate dalla spettroscopia protonica di risonanza magnetica protonica, in funzione dell’età avanzata. La diminuzione delle concentrazioni di GABA frontale è stata associata a una riduzione delle prestazioni cognitive.
• Placche amiloidi (AP) e grovigli neurofibrillari (NFT). Le placche amiloidi si formano nello spazio extracellulare della corteccia cerebrale, mentre i grovigli neurofibrillari si sviluppano all’interno delle cellule neuronali. L’accumulo di placche amiloidi è particolarmente pronunciato nella malattia di Alzheimer (AD), costituendo uno dei principali segni distintivi per la diagnosi neuropatologica. Sebbene queste formazioni possano presentarsi anche in altre malattie neurodegenerative, lo fanno in misura minore e con una distribuzione anatomica diversa. Inoltre, placche amiloidi possono accumularsi anche in soggetti senza evidenza clinica di patologie neurodegenerative, seppur in quantità ridotte e con una distribuzione variabile.
• Macrostruttura cerebrale. I cambiamenti volumetrici e morfometrici legati all’età sono ben documentati grazie alle tecniche di neuroimaging standard, come la risonanza magnetica (RM) e la tomografia computerizzata (TC). A differenza del morbo di Alzheimer, che colpisce in modo significativo la corteccia entorinale, l’ippocampo e le regioni temporo-parietali, le alterazioni corticali legate all’invecchiamento risultano più eterogenee. Tuttavia, la corteccia prefrontale sembra essere particolarmente suscettibile. Recenti evidenze indicano che, oltre alla riduzione del volume, si verificano modificazioni della forma di alcune strutture cerebrali che potrebbero avere implicazioni funzionali.
• Perfusione cerebrale. Sebbene il cervello sia in grado di mantenere un flusso sanguigno adeguato tramite l’autoregolazione emodinamica, questa capacità diminuisce con l’avanzare dell’età, in particolare nelle persone con malattie vascolari sottostanti o fattori di rischio vascolare significativi. Tecniche avanzate di risonanza magnetica a perfusione, come l’etichettatura arteriosa con spin, permettono di rilevare tali cambiamenti.
• Metabolismo cerebrale. I cambiamenti metabolici cerebrali legati all’età si manifestano progressivamente con l’invecchiamento e possono essere valutati e quantificati tramite tecniche di risonanza magnetica. Oltre alla riduzione delle concentrazioni di neurotrasmettitori come GABA e glutammato, si osserva una diminuzione del N-acetil aspartato (NAA), accompagnata da variazioni nei livelli di colina, creatina e mioinositolo. Questi cambiamenti riflettono alterazioni in specifiche vie metaboliche cerebrali, che tendono a diventare meno efficienti con il passare degli anni.
• Neuroimaging funzionale. Le reti neurali coinvolte nei cambiamenti cognitivi e comportamentali legati all’età sono state indagate attraverso tecniche di neuroimaging funzionale, come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e la tomografia a emissione di positroni (PET). Le alterazioni nella risposta funzionale del cervello legate all’invecchiamento sono state osservate sia in condizioni di riposo sia durante l’esecuzione di compiti cognitivi attivi. Con l’avanzare dell’età, i sistemi cerebrali coinvolti in specifiche funzioni cognitive tendono a mostrare una maggiore attivazione per mantenere prestazioni adeguate, specialmente in compiti più complessi o che richiedono un’elaborazione cognitiva controllata. Questo aumento di attivazione si estende spesso oltre le regioni cerebrali primarie normalmente coinvolte nei giovani durante lo svolgimento dello stesso compito. Tuttavia, quando si verifica un danno cerebrale esteso che compromette l’esecuzione del compito, l’attivazione nelle regioni di interesse rilevata con fMRI risulta ridotta. In sintesi, le tecniche di neuroimaging confermano l’esistenza di cambiamenti legati all’età nella struttura, nella funzione e nel metabolismo cerebrale in soggetti anziani privi di malattie neurodegenerative o altre patologie neurologiche.
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